GELA – “GELA non potrebbe presentare un aspetto peggiore: chi arriva da un lato deve superare un groviglio di trascurate strade secondarie, mentre il treno s’incunea attraverso un caotico insieme di cupole d’acciaio”. Esordisce così la Feltrinelli in un opuscolo in cui si parla anche di Gela. Poi lo sguardo alla storia della città greca che costituisce uno dei fiori all’occhiello per archeologia e bellezze naturali. Ma la realtà sconcertante supera ogni eredità storica. Questo stralcio della pubblicazione ha creato non poche polemiche in città. La foto della pagina dell’opuscolo è andata sul web e sta creando rabbia ed indignazione nei gelesi. I rappresentanti dell’amministrazioni hanno già annunciato di chiedere un incontro ai vertici della Feltrinelli ed il ritiro della pubblicazione. Questo è quello che ha scritto il segretario generale della Cgil provinciale Ignazio Giudice.
“Cara Feltrinelli, che Gela, ad oggi, non sia una delle mete turistiche più ambite della Sicilia lo potrà constatare anche un occhio distratto che, percorrendo la caotica via Venezia, probabilmente non desidererà altro che immettersi sulla statale per raggiungere i più gettonati centri del barocco o la monumentale Agrigento, che, forse per ironia della sorte, da Gela fu fondata.
Ne sono amaramente consapevoli i suoi stessi abitanti che, quotidianamente, affrontano i tanti disagi non solo di una comune città del Sud ma di un luogo che, sempre più spesso, sembra racchiudere in sé le contraddizioni più aspre e le bellezze più struggenti dell’intera isola.
Per decenni vessata da una politica affaristica, capace di dilaniare un territorio che, diversamente da quanto pubblicato, è stato per storia e conformazione naturale vocato e baciato dal turismo e dalla sostenibilità, Gela conserva ancora tutto il potenziale di una delle città più antiche della Sicilia seppur le strategie da mettere in campo siano molteplici e richiedano tempi più lunghi, forse non comodi per chi, viaggiando per lavoro, intende catturare l’identità e il cuore di un luogo solo attraverso una prima impressione.
Corretta nella sua aspra verità, inaccettabile per chi, pur vivendola sulla propria pelle, ne conosce le intime cause, ma, al tempo stesso, fin troppo sbrigativa per una città ferita che brama un riscatto. Difficile curare le ferite di intere generazioni, deluse nelle aspettative da chi avrebbe potuto e dovuto compiere scelte differenti ma che, invece, ha optato per quelle più immediate, comode, superficiali, lontane da Gela, da ciò che essa in modo cristallino ci suggerisce ogni giorno. Lo vediamo nella luce accecante che investe l’arenaria dei suoi siti archeologici – la cui unicità è ancora studiata in tutto il mondo -, nei tramonti rossi che annegano docili in quel golfo che per primo fu liberato dalle truppe alleate, nella sabbia morbida trasportata dai vicini deserti di cui scrisse Quasimodo e su cui Eschilo scelse di trascorrere i suoi giorni di pace, nelle possenti mura federiciane che abbracciano il centro abitato dove ancora resistono nobili palazzi e chiese settecentesche, nelle tradizioni religiose i cui simboli si tramandano dai tempi immemorabili, nel volo delle cicogne che, ogni anno, per nidificare scelgono proprio questa terra dolce e amara. Amara come il sapore che per anni i gelesi hanno sentito in bocca respirando i fumi di un finto progresso comodo a tutta la nazione, amara come la vostra spietata e lucida disamina; dolce come lo sguardo di coloro che credono e lottano per un futuro diverso, dolce come gli occhi di quegli attenti viaggiatori che sono certo, ben presto, si fermeranno a Gela e riusciranno a comprenderne l’anima”.
Liliana Blanco