CALTANISSETTA – Il falso collaboratore di giustizia, Vincenzo Scarantino, imputato di calunnia nel quarto processo per la strage di via d’Amelio, sostiene che poliziotti e magistrati non gli permisero di ritrattare le false dichiarazioni rese agli inquirenti sulle stragi del 92, contribuendo al depistaggio delle indagini. “Io non c’entravo niente con le stragi, non volevo piu’ collaborare e continuavo a ripeterlo a tutti”, ha detto Scarantino, deponendo davanti la Corte d’Assise di Caltanissetta. L’ex pentito, nel ribadire di aver subito a lungo pressioni psicologiche, ha afgfermato che in piu’ occasioni si sarebbe sfogato con i dirigenti della Squadra Mobile di Palermo ma anche con alcuni magistrati, tra i quali ha menzionato Annamaria Palma e Giovanni Tinebra, allora procuratore della Repubblica di Caltanissetta. Tinebra, nell’estate del 98, gli avrebbe detto: “‘Scarantino stia tranquillo, questa cosa la deve prendere come se fosse un lavoro’. Solo Ilda Boccassini -ha aggiunto il pentito- non avrebbe creduto alla mia collaborazione”. Piu’ volte, incalzato dalle domande dei Pm Gabriele Paci e Stefano Luciani, Scarantino ha risposto “non ricordo”.
Assise di Caltanissetta, strage via D’Amelio: Scarantino, non mi fu permesso ritrattare
Gio, 04/06/2015 - 12:21
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