CASERTA – Beni per circa 10 milioni di euro sono stati sequestrati dalla DIA di Napoli a tre persone ritenute vicine al clan dei Casalesi, coinvolte nelle indagini sulla gestione degli appalti nell’azienda ospedaliera “S. Anna e S. Sebastiano” di Caserta la cui direzione generale è stata sciolta, lo scorso aprile, per infiltrazioni mafiose. Si tratta dell’ imprenditore Raffaele Donciglio, di Antonio Magliulo, quest’ultimo ex consigliere provinciale Pdl-FI a Caserta e di Elvira Zagaria, sorella dell’ex boss Michele Zagaria.
I tre provvedimenti di sequestro emessi dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere su richiesta della Procura Antimafia di Napoli, riguardano quote societarie, fabbricati e terreni nella province di Caserta e Napoli, e diversi beni mobili e rapporti finanziari, riconducibili ai tre indagati, ritenuti prestanome del clan. Lo scorso 21 gennaio, nell’ambito della stessa inchiesta, 10 indagati finirono in carcere e altri 14 agli arresti domiciliari con l’accusa, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, corruzione, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e abuso d’ufficio. A tutti viene contestata anche l’aggravante del metodo mafioso. Gli inquirenti ritengono che, nel corso delle indagini, durate oltre due anni, è stata fatta luce sulle infiltrazioni della fazione Zagaria del clan nell’azienda ospedaliera e sulla rete di collusioni tra imprenditoria, pubblica amministrazione e politica. Grazie a questa rete la famiglia camorristica dei Zagaria controllava in regime di monopolio appalti e affidamenti diretti dei lavori nell’ospedale. A ricoprire il ruolo centrale, sempre secondo gli inquirenti, sarebbe stata Elvira Zagaria, sorella dell’ex boss Michele, che, dopo l’arresto del fratello e la morte del marito, gestiva i capitali e gli affari del clan.
Il Sant’Anna e San Sebastiano è stata la prima azienda ospedaliera in Italia ad essere sciolta per infiltrazioni camorristiche. La decisione del Governo è arrivata il 21 aprile scorso, poco più di due mesi dopo i 24 arresti tra funzionari e politici in cui emersa con evidenza la prova dei condizionamenti dei clan Zagaria e Iovine nella gestione degli appalti dell’ospedale casertano. Lo stesso ministro dell’Interno Alfano sottolineò l’eccezionalità dello scioglimento. L’arrivo della commissione prefettizia ha messo fine ad un vero e proprio “calvario gestionale” per l’importante struttura sanitaria casertana, iniziato nel novembre del 2013 con l’arresto dell’allora direttore generale Francesco Bottino per appalti concessi ad un imprenditore colluso con il clan Belforte di Marcianise. La Regione nel gennaio 2014 nominò il commissario Paolo Sarnelli, rimasto in carica per sei mesi fino al giugno dello scorso anno, quando venne designato direttore generale Luigi Muto; in quel periodo all’ospedale erano in corso le verifiche antimafia della commissione d’accesso inviata dalla prefettura di Caserta, che però non accertò le infiltrazioni camorristiche, emerse solo mesi dopo grazie al lavoro della Dda di Napoli. Degli appalti “inquinati” all’ospedale si è interessato anche il presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone, che qualche giorno dopo gli arresti del gennaio scorso si recò dal direttore generale Muto per occuparsi di alcuni appalti sospetti concessi dall’azienda e ancora in corso; poche settimane dopo, il prefetto di Caserta Carmela Pagano, aderendo proprio alla proposta di Cantone, ha poi commissariato l’appalto per il servizio di gestione e manutenzione degli ascensori dell’ospedale gestito dalla ditta Komè s.r.l. che se l’era aggiudicato pochi mesi prima. (Fonte ansa.it)