MILANO – L’assurda apologia della violenza, la stupida arroganza di un ragazzotto generazione 2.0, uno studente scansafatiche mantenuto da mamma e papà e con la voglia di giocare a fare il ribelle. Vive in una villetta a schiera a Lacchiarella, famiglia medio borghese, una cascata di fiori sui davanzali, Si chiama Mattia Sangermano (nella foto), 21 anni, ancora al liceo per un paio di bocciature. Subito dopo gli scontri che venerdì hanno trasformato Milano in un campo di battaglia, cappuccio in testa (e altrettanto vuoto pneumatico nella zucca) ma faccia da bravo ragazzo, è riuscito a scioccare l’Italia. O meglio a farla incazzare. Di fronte al cronista di Tgcom 24 Enrico Fedocci, lo sbarbato eccitato e gasato dalle telecamere, mentre la città si leccava le ferite, raccontava quanto fosse bello e divertente fare guerriglia insieme ai black bloc. Devastare, picchiare, rompere. «Ero in mezzo al corteo, c’era casino hanno spaccato un po’ di robe», raccontava sciocco e spavaldo al giornalista. Giustificando, anzi plaudendo a molotov e bastoni. «Giusto così, è una protesta…. perché, cioè, noi dobbiamo fare sentire la nostra voce secondo me, e se non capiscono con le buone prima o poi lo capiranno in qualche altro modo nel senso, cioè i politici, le persone normali c’è un divario enorme e poi loro rubano». Il cronista gli domandava se avesse avuto paura. E lui, gesticolando con quel fare da rapper oggi trend tra i bulletti metropolitani, rispondeva che «forse uno pochino di fifa sì l’aveva provata, «ma più che altro ero esaltato perché volevo avere anche in mano qualcosa per spaccare qualcosa, quello sì. Però è stata una bella esperienza, cioè ci stava, poi c’è stato un sacco di bordello(sic). Io ho visto tanta gente che spaccava le cose e ho pensato “cazzo se avessi ancora anch’io qualcosa in mano spaccherei pure io”. Cioè io ho guardato, non è che sono stato lì, però è stata un bellissima esperienza, ci stava. Però, cioè, non era il primo corteo in cui stavo».
Vista grammatica e sintassi si capisce il deficit scolastico.
Riguardo alle banche date alle fiamme dai compagni antagonisti, Mattia mostrava poche idee ma confuse: «Minchia, la banca è l’emblema della ricchezza, cioè se non do fuoco alla banca sono un coglione, minchia, secondo me…». Beh, almeno su questo avrebbe potuto non usare il condizionale. Dunque una buona giornata, gli domanda ancora Fedocci. La risposta è tanto disarmante quanto spaventevole: «Io quando sono in mezzo ai disastri sono contento comunque, cioè è una protesta e ci sta». Sorge qualche dubbio sul numero di neuroni presenti nella testa di questo contestatore di buona famiglia. Già perché da quanto si sa e lui stesso dice, Mattia non appartiene a nessun gruppo organizzato. Insomma non sarebbe un anarchico, nemmeno un gran frequentatore di centri sociali o affini.
Però gli piace la fiesta , possibilmente violenta. «Quando c’è casino e mi ritrovo in mezzo faccio casino anch’io, nel senso, cioè, mi diverto». Eccolo, ecco qui il deserto che attraversa la galassia dei nostri contestatori. Di quelli contro tutto, a prescindere: dalla Tav a Expo.
La sintesi migliore, ma forse anche la più sconsolante, arriva dal padre di Mattia, Vincenzo Sangermano. Di cotanta notorietà ne avrebbe fatto volentieri a meno. «Mio figlio è un pirla, non un violento. Io e mia moglie ci vergogniamo. Devo essere onesto, 4 schiaffoni glieli avrei anche dati volentieri. Però mio figlio ha quasi 21 anni, che cosa avrei risolto così? Ci ho pensato ma mi sono trattenuto». Mattia, ieri, ha provato a fare retromarcia. Si è scusato pubblicamente. «Ho detto le parole sbagliate e adesso aiuterò a ripulire la città». Vero pentimento? O adesso fifa vera? (Andrea Acquarone, fonte ilgiornale.it)
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