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L’iniziativa: anche a Caltanissetta flash mob contro “la buona scuola” di Renzi

Redazione

L’iniziativa: anche a Caltanissetta flash mob contro “la buona scuola” di Renzi

Sab, 25/04/2015 - 02:51

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imageCALTANISSETTA – Anche Caltanissetta, il 23 aprile, ha avuto il suo FLASH MOB a favore della scuola pubblica e contro il Disegno di Legge con cieca pervicacia portato avanti da Matteo Renzi e dal suo Governo. L’iniziativa è partita “dall’idea di alcuni docenti dell’I.C. W. Mozart di Roma; è un’iniziativa autorganizzata, diffusa a livello nazionale in modo spontaneo in circa 70 prestigiose piazze italiane, una manifestazione non sindacale. Lo scopo è stato quello di suscitare coinvolgimento emozionale e partecipazione dell’opinione pubblica sulla lenta agonia della scuola statale. Si è trattato di una rappresentazione artistica vivente illuminata da lumini rossi, in totale silenzio e rigorosamente in abiti da lutto, per ribadire che “LA SCUOLA STATALE E’ UN PATRIMONIO NAZIONALE DA DIFENDERE”. Così si legge nel comunicato Ansa diramato dagli organizzatori del citato Istituto. Le città, nel frattempo, sono diventate ben 120, grazie all’estrema velocità di diffusione dell’informazione attraverso Facebook, la cui pagina “Docenti per la Scuola Statale Pubblica” è stata la potente cassa di risonanza per l’iniziativa. Grazie a questa velocità, anche i docenti nisseni sono riusciti, in poco più di 24 ore, a mobilitare un numero consistente di colleghi appassionati che hanno mostrato volontà aggregativa dettata da una spinta libera e sentita.

In questo tormentato percorso in cui l’attuale Governo vuole smantellare la scuola pubblica dei requisiti che la rendono prestigiosa, espropriare i docenti di ogni diritto, acquisito a seguito di anni di battaglie sindacali, di contrattazioni, di vittorie verso la democrazia nella e a favore della scuola, portata attraverso i Decreti delegati e la successiva presenza delle RSU, si manifestano il risveglio di consapevolezza e la forza della categoria docente, capace di gestire la propria rappresentatività al di là delle sigle sindacali.

L’attuale Disegno di legge “La Buona Scuola” sta passando pressoché inosservato, a causa di un silenzio dei media pilotato dall’alto, affinché non possa essere coinvolta l’opinione pubblica a favore dei docenti; o, peggio, a causa della diffusione di informazioni fuorvianti e screditanti, quali quelle sulla durata delle vacanze estive, ormai molto ridotte a causa di impegni di durata protratta oltre metà luglio, o sull’ammontare del loro reddito, presentato sempre al lordo di trattenute altissime, puntando a dare della categoria l’immagine di pretenziosi lavativi.

Il Ddl della “La Buona Scuola” non fa altro che sancire un disegno avviato negli anni ’90, che punta a regionalizzare e privatizzare la scuola pubblica italiana. Già dal 2009, infatti, sono avvenuti il blocco dei contratti del personale della scuola, il taglio dei finanziamenti alla didattica e all’edilizia scolastica, avviati con Tremonti e la Gelmini e proseguito con tutti i governi successivi; il blocco del turn-over del personale docente ed Ata a causa della riforma Fornero; lo smantellamento delle attività di sostegno individuale agli studenti più bisognosi di assistenza, ecc.

I docenti italiani non possono accettare di vedere la scuola oggetto di scambio mercantile, con la preminenza di obiettivi finanziari ed aziendalistici, provenienti dall’accesso al finanziamento da parte di privati che, deresponsabilizzando lo Stato, acquisirebbero diritti sull’orientamento della scuola e, certamente, sulle assunzioni, soprattutto se tale compito passasse al Consiglio d’Istituto; considerano inammissibile la violazione della Costituzione sul diritto al lavoro e sulla libertà d’insegnamento, dovuta all’attribuzione di poteri decisionali incentrati sul dirigente scolastico, che sceglierebbe per chiamata diretta i docenti e avrebbe titolo al licenziamento – o dispensa – del docente neoimmesso in ruolo senza nessun preavviso, pur avendo insegnato per 36 mesi, o allo spostamento ad una delle 13 mansioni dell’organico dell’autonomia anche dei docenti di ruolo da tempo. Sarebbero istituiti albi regionali, provinciali e subprovinciali che priverebbero delle priorità per graduatoria. Nessun docente avrebbe così stabilità, neanche con carriera pluridecennale, poiché perderebbero la titolarità del posto di lavoro, in quanto la durata dell’incarico sarebbe triennale e non potrebbero chiedere trasferimento di sede. I docenti italiani sarebbero gli unici – tra lavoratori pubblici e privati – a non avere più la titolarità del posto di lavoro. In più, senza tener conto delle abilitazioni, sarebbero chiamati a insegnare in base al titolo di studio, anche in ordini di scuola diversi dalla provenienza.

Anche l’assunzione dei precari, tema su cui Renzi tenta palesemente di scindere l’unità del corpo docente, rimane dubbia nelle modalità e costantemente rimaneggiata. Rimane certo che avverranno assunzioni ma queste fluttuano tra possibilità diverse che ne vedono sempre penalizzati un cospicuo numero. Rientra in questo piano distruttivo anche il personale Ata, in quanto la legge di Stabilità 2015 dispone il blocco del turn over degli amministrativi, riducendo l’organico di 2020 posti. Peraltro, in questa fase, risulta estremamente difficile cogliere le precise intenzioni e condizioni degli emendamenti, poiché Renzi, nel timore dii un insuccesso elettorale o, comunque di una riduzione dell’elettorato di oltre l’1 percento, compie gesti di plateale banalità e non fa che affermare e contraddirsi, contraddicendo anche la sua ministra Giannini e proponendo inammissibili emendamenti.

La lista delle proposte assolutamente inaccettabili percorre tutto il DDL, per cui i docenti italiani respingono in toto ogni possibilità di emendamento e ne chiedono il ritiro immediato. Questo anche alla luce del fatto che esiste una Legge di Iniziativa Popolare (LIP), già al Senato, che aspetta solo di essere sancita. Questa si presenta coerente con le strutture epistemologiche, culturali e storiche della tradizione della scuola italiana, pur nella sua innovazione, rispetta i diritti degli alunni, dei docenti e non pone la scuola alla stregua di un’azienda in cui contino solo gli interessi degli investitori.

Liliana La Marca
Insegnante Scuola Primaria