San Cataldo, “Kalyroon”: 20 arresti. Mafia: spaccio, racket e prostituzione. Il video

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SAN CATALDO – Questa notte, la Polizia di Stato ha portato a termine un’importante operazione di polizia giudiziaria che ha coinvolto più associati mafiosi a cosa nostra, più precisamente alla “famiglia” di San Cataldo che è stata praticamente azzerata.

La Squadra Mobile di Caltanissetta, diretta da Marzia Giustolisi e dal dirigente della Sezione Criminalità Organizzata Vincenzo Perta, in collaborazione con le Squadre Mobili di Milano, Bergamo, Mantova e Parma, ha eseguito 18 delle 20 misure restrittive della libertà personale, in esecuzione di OCC nr. 2385/2007 R.G.N.R. e nr. 1671 /2008 R.G. G.I.P. emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari, Dott. Marcello Testaquadra in data 17.02.2015, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia.

Sono stati colpiti dalla misura della custodia cautelare in carcere:

  1. DI VITA Maurizio Calogero, nato a San Cataldo il 31/05/1969;
  2. CORDARO Antonio Domenico, inteso “mortadella”, nato a San Cataldo il 04/04/1965;
  3. CORDARO Salvatore, nato a San Cataldo il 15/11/1962;
  4. LIPARI Alfonso Renato, nato a San Cataldo il 06/07/1970;
  5. GISABELLA Carmelo, nato a Caltanissetta il 30/01/1966;
  6. DEDA Elis, nato a Durazzo (Albania) il 19/07/1982;
  7. SCALZO Vincenzo, nato a San Cataldo il 01/12/1973;
  8. BLANDINA Cataldo, nato a San Cataldo il 10.07.1973;
  9. MULONE Pietro, nato a San Cataldo il 15.2.1975;
  10. GIUMENTO Angelo, nato a San Cataldo il 02/01/1980;
  11. CHITE’ Gioacchino, nato a Caltanissetta il 09/11/1960;
  12. FERRARA Vincenzo,nato a Caltanissetta 21.04.1968;
  13. PIRVANESCU Adrian Daniel, nato in Romania il 3.8.1982;

Invece, sono stati sottoposti alla misura degli arresti domiciliari:

1          CHIRITOIU Diana, nata a Tirgu Jio (Romania) il 05/06/1984;

2            SCALZO Marco, nato a Prato (FI) il 28.11.1989;

3            FERRARA Salvatore, nato a San Cataldo il 07/12/1967;

4            CAGNINA Salvatore, nato a San Cataldo il 12/01/1976;

5            PALADINO Giovanni Germano, inteso “Giovanni chiacchiera”, nato a Caltanissetta il 23/10/1974

6            FERRARA Fabio, nato a Caltanissetta il 30.01.1973;

7            LIUZZA Francesco, nato a Canicattì l’8.12.1972.
Tutti sono indagati a vario titolo, per i reati di associazione di tipo mafioso, aggravata dall’essere armata, estorsione consumata e tentata, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, associazione per delinquere finalizzata alla prostituzione minorile, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione.

In particolare, sono accusati:

  • DI VITA Maurizio, CORDARO Antonio, CORDARO Salvatore e LIPARI Alfonsodel reato di associazione mafiosa in quanto affiliati alla famiglia mafiosa di San Cataldo, rivestendo il DI VITA il ruolo di reggente;
  • DI VITA Maurizio e CORDARO Antoniodel reato di estorsione, con l’aggravante dell’aver agito con modalità mafiose;
  • CORDARO Antonio e LIPARI Alfonsodel reato di favoreggiamento della prostituzione;
  • DI VITA Maurizio, CORDARO Antonio, LIPARI Alfonso, GISABELLA Antonio Carmelo, CHIRITOIU Diana, DEDA Elis, SCALZO Vincenzo, BLANDINA Cataldo, SCALZO Marco, GIUMENTO Angelo, MULONE Pietro, FERRARA Salvatore, CAGNINA Salvatore e CHITE’ Gioacchino del reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostante stupefacenti, nonchè del reato di traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti;
  • PALADINO Giovanni, FERRARA Vincenzo e FERRARA Fabiodel reato di traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti;
  • GISABELLA Carmelo, CHIRITOIU Diana e PIRVANESCU Danieldel reato di associazione finalizzata allo sfruttamento e al favoreggiamento della prostituzione, anche minorile.
  • LIUZZA Francescodel reato di favoreggiamento della prostituzione.

Irreperibili i due rumeni: PIRVANESCU Adrian Daniel e CHIRITOIU Diana. Quattro di loro (FERRARA Vincenzo, FERRARA Fabio, LIUZZA Francesco e DEDA Elis) si trovavano già ristretti in carcere per altra causa.

 L’indagine ha preso le mosse dalla collaborazione con la giustizia di Alberto FERRAUTO che, a far data dal giugno del 2007, ha riversato alla D.D.A. le sue conoscenze in ordine ad appartenenti e ad attività gestite da famiglie mafiose di diversi contesti della provincia nissena, tra cui il comune di San Cataldo, ove esiste unaramificazione del sodalizio mafioso, quale cellula (assieme alle “famiglie” di Vallelunga, Maria­nopoli, Villalba e Caltanissetta) del significativo mandamento mafioso di Vallelunga Pratameno.

I PENTITI. In seguito si è arricchita del contributo di altri collaboratori di giustizia (RIGGIO Pietro, MIRISOLA Agesilao, IACONA Ercole, tutti appartenenti alla famiglia mafiosa di Caltanissetta e VARA Ciro di Vallelunga Pratameno), nonché di dichiarazioni di soggetti gravitanti negli ambienti criminali, anche di tipo mafioso, dell’abitato di San Cataldo (CAMMARATA Rosario Fabio  e FERRARA Emanuele), i quali hanno offerto importanti conferme alle acquisizioni raccolte sulla base delle attività tecniche. Anche i collaboratori di giustizia gelesi (BILLIZZI Massimo Carmelo, SMORTA Crocifisso, BARBIERI Carmelo) hanno fornito utili dichiarazioni sui mafiosi di San Cataldo per notizie apprese in carcere attinenti alla loro mai estinta posizione di comando nella famiglia mafiosa di riferimento.

LE INDAGINI E LA STORIA DELLA COSCA. Le lunghe e copiose attività di intercettazioni telefoniche, ambientali, di video sorveglianza hanno permesso di raccogliere concreti elementi indiziari in ordine alla perdurante appartenenza alla famiglia mafiosa di San Cataldo di DI VITA Maurizio Calogero, CORDARO Antonio Domenico e CORDARO Salvatore, soggetti già ritenuti organici a cosa nostra di quel centro nell’ambito dell’operazione “Leopardo”, scaturita dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Leonardo MESSINA.

Infatti, già nel periodo compreso tra il 1980 ed il 1985, Salvatore ed Antonio CORDARO (inteso mortadella) ed anche Maurizio DI VITA, poi ritualmente affiliati a cosa nostra, erano soggetti a disposizione del MESSINA per lo spaccio di sostanze stupefacenti, per compiere attentati estorsivi ai danni di imprese, per fare da corrieri di armi.

 Le indagini hanno fatto emergere che, una volta tornati in libertà, DI VITA Maurizio, CORDARO Antonio e CORDARO Salvatore hanno continuato a delinquere. A metà di febbraio del 2003 tornava in libertà CORDARO Salvatore; nel mese di luglio del 2004 tornava in libertà CALI’ Salvatore; il 12 aprile del 2005 veniva scarcerato CORDARO Antonio; Maurizio DI VITA veniva scarcerato il 24 gennaio 2007.

E proprio con il  ritorno in paese del DI VITA, la situazione di vertice della famiglia mafiosa di San Cataldo subiva un ulteriore mutamento poiché il DI VITA, forte anche dell’investitura da parte di Cataldo TERMINIO (storico capo del sodalizio radicato in tale territorio e da tempo ristretto in carcere), riusciva nell’intento di riprendere in mano le redini delle illecite attività gestite dall’organizzazione criminale, diventando il reggente della famiglia mafiosa, erodendo il potere sino ad allora mantenuto da CALI’ Salvatore (assassinato a San Cataldo il 27 dicembre 2008).

 L’attività di indagine in argomento faceva emergere plasticamente, non solo la perdurante appartenenza alla famiglia di San Cataldo di DI VITA Maurizio e dei fratelli CORDARO e la più recente organicità al sodalizio mafioso di LIPARI Alfonso, ma anche le modalità attraverso cui gli esponenti mafiosi di San Cataldo hanno esercitato, concretamente, il loro potere sul territorio, nonché le illecite attività attraverso cui hanno tratto le risorse economiche da destinare agli affiliati, prime fra tutte l’attività estorsiva, esercitata anche attraverso la classica forma dell’imposizione di ditte riconducibili agli appartenenti al sodalizio.

 LE ESTORSIONI. In riferimento alle attività estorsive, veniva compiuta attività di riscontro alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e si appurava la piena responsabilità del  DI VITA Maurizio e del CORDARO Antonio in ordine a due estorsioni compiute, a San Cataldo.

La prima è stata compiuta nel 1999, sia dal DI VITA che dal CORDARO, ai danni di GANGEMI Carmelo, titolare dell’omonima ditta individuale, che fu costretto a versare una somma di danaro, a titolo di “pizzo”, dell’importo di trenta milioni di lire (pari al 3% del valore complessivo dei lavori aggiudicati) in relazione all’appalto per i lavori di miglioramento ed adeguamento dell’incrocio con la S.P. per San Cataldo al km 55+720.

 La seconda, invece, è stata messa a segno nel 2006 solo dal CORDARO Antonio, il quale aveva costretto BIANCUCCI Calogero, titolare dell’omonima ditta individuale, e MAIORANA Pasquale, nella qualità di socio e direttore tecnico della COSTRUENDO s.r.l., ad affidare lavori in sub appalto a ditte di sua fiducia in relazione alla realizzazione, rispettivamente, di tre edifici, per complessivi nr. 60 alloggi di edilizia agevolata e di nr. 20 unità abitative a schiera sull’area sita in zona Decano di San Cataldo, non riuscendo nell’intento per cause indipendenti dalla sua volontà ed in particolare per il rifiuto opposto dai predetti BIANCUCCI e MAIORANA.

I due imprenditori vennero anche minacciati pesantemente in quanto, davanti ai cancelli di entrata dei due cantieri, vennero rinvenute due bottiglie in plastica contenenti della benzina, con due accendini fissati nella parte superiore con nastro adesivo di colore nero.

 Che il DI VITA e il CORDARO abbiano continuato a porre in essere attività estorsive nei confronti di imprenditori locali e non, si evinceva anche dal contenuto di alcune conversazioni telefoniche captate nel corso delle attività d’indagine, sebbene non si siano raccolti elementi precisi per inchiodarli alle loro responsabilità, data la scarsa collaborazione da parte di imprenditori escussi in merito a dei lavori che stavano svolgendo e sui quali si concentrava l’interesse della mafia.

Ad esempio, nel corso di alcune intercettazioni Maurizio DI VITA ed Antonio CORDARO apparivano fortemente contrariati perché si erano accorti che una ditta stava eseguendo dei lavori, che avrebbero potuto fare loro (intonaco e piastrellatura) e, pertanto, hanno rintracciato l’imprenditore che li stava eseguendo per fargli abbandonare il sub-appalto preso.

 A conferma dell’appartenenza degli odierni indagati alla famiglia mafiosa di San Cataldo e al loro indiscusso controllo del territorio, si raccoglievano altresì diverse risultanze derivanti dalle attività d’intercettazione che dimostrano come Maurizio DI VITA ed Antonio CORDARO, oltre che LIPARI Alfonso, siano stati, in più occasioni e da parte di una molteplicità di soggetti, sollecitati ad interessarsi personalmente per la risoluzione delle più disparate controversie di carattere privato alle quali risultano del tutto estranei; così per un furto subito in una casa di campagna, un imprenditore sancataldese avanzava una richiesta di interessamento ad Antonio CORDARO, Alfonso LIPARI e Maurizio DI VITA.

Inoltre si registrava un altro dato inquietante e cioè che i commercianti che subivano rapine e/o furti si rivolgevano ai mafiosi a cui, evidentemente, avevano pagato la “protezione: così il responsabile dell’esercizio commerciale SIDIS si rivolgeva a CORDARO Antonio successivamente alla perpetrazione di una rapina.

D’altronde proprio Emanuele FERRARA, soggetto di San Cataldo dedito ai furti riferiva che i citati sodali della consorteria mafiosa avevano imposto ai delinquenti locali di non “disturbare” titolari di esercizi commerciali ed attività imprenditoriali che già si trovavano sotto l’ala protettiva della famiglia mafiosa poiché soggetti all’imposizione del “pizzo”.

 LE ARMI. L’associazione mafiosa in argomento era anche armata: infatti il DI VITA, il CORDARO ed il LIPARI venivano tratti in arresto, da parte della Squadra Mobile, nell’ambito dell’operazione c.d. “Tridentes”, poiché colti nella disponibilità di quattro fucili “a canne mozze” con marchi di collaudo e matricola abrasi, rinvenuti  presso la campagna di DI VITA.

Anche altri esiti delle attività di intercettazione documentavano il possesso di armi da parte dell’associazione mafiosa in argomento i cui sodali, più volte, parlavano di proiettili e pistole.

LO SPACCIO. Gran parte dei citati collaboratori e dichiaranti (FERRAUTO Alberto, RIGGIO Pietro, FERRARA Emanuele e CAMMARATA Rosario) hanno riferito non solo dell’appartenenza a cosa nostra dei fratelli CORDARO e del DI VITA Maurizio, ma hanno reso anche dichiarazioni univoche nell’indicare come gli esponenti mafiosi della famiglia di San Cataldo avessero monopolizzato il mercato degli stupefacenti nel centro limitrofo alla città capoluogo.

 Anche in questo caso le dichiarazioni dei collaboratori trovavano puntuale riscontro nelle indagini che facevano emergere chiaramente come DI VITA, Antonio CORDARO e LIPARI gestissero il traffico di sostanza stupefacente in San Cataldo, e come i contatti con DEDA Elis, per il tramite del GISABELLA e della CHIRITOIU, fossero finalizzati all’approvvigionamento della droga da destinare allo spaccio al minuto.

L’attività tecnica posta in essere nel corso di questa indagine si è ampiamente incentrata su ambientali e video riprese installate in molte delle abitazioni degli odierni indagati, luoghi ove gli stessi si sentivano ovviamente più sicuri, visto che per telefono si davano  solo lapidari appuntamenti. Così come venivano individuati altri luoghi pubblici, un bar e il piazzale antistante l’”Air Pub” a San Cataldo, ove gli indagati si davano spesso appuntamento.

 Sono stati documentati innumerevoli incontri tra GISABELLA Carmelo, CHIRITOIU Diana, DEDA Elis ed i soggetti stanziati in San Cataldo gli odierni, tutti connotati, peraltro, dalle stesse modalità; in meno di un anno, GISABELLA Carmelo – alcune volte accompagnato da DEDA Elis e, in numerosi appuntamenti, da CHIRITOIU Diana – ha avuto circa quarantacinque incontri col LIPARI ed il CORDARO (nella maggior parte delle occasioni con entrambi, in alcune ora con l’uno, ora con l’altro).

Incontri il cui oggetto, dalle conversazioni telefoniche intercettate, era il più disparato, diverso di volta in volta, da documenti a ragazze da presentare, da motori di auto a consegne di autovetture.

E invece, in diversi degli incontri monitorati, si è assistito allo scambio di pacchetti, di involucri o alla consegna di somme di danaro, che porta a concludere per la bontà della tesi prospettata secondo cui gli innumerevoli appuntamenti registrati tra gli odierni indagati fossero finalizzati alla fornitura della sostanza stupefacente da parte del GISABELLA e di DEDA Elis ai sodali stanziati in San Cataldo ed alla regolazione delle questioni alla stessa afferenti.

La quasi totalità degli incontri registrati nel corso delle indagini sono avvenuti nell’area di parcheggio antistante l’esercizio commerciale denominato “AIR PUB”, in molti casi in orario serale ed anche nella zona più buia di tale luogo. E ciò che immancabilmente si accertava, sulla base delle attività d’intercettazione telefonica, era che, precedentemente o successivamente agli incontri tenutisi col GISABELLA, la CHIRITOIU e DEDA Elis, Antonio CORDARO e/o LIPARI Alfonso cercavano subito un contatto con Maurizio DI VITA finalizzato ad avere un colloquio di persona perché evidentemente il DI VITA voleva evitare di avere un contatto diretto con i fornitori dello stupefacente.

Nel corso delle indagini, la CHIRITIOIU ha fattivamente consentito al GISABELLA di dar corso ai suoi lucrosi traffici, da un lato, mantenendo, anche telefonicamente, i contatti con i soggetti stanziati in San Cataldo, dall’altro lato accompagnando in plurime occasioni il GISABELLA medesimo all’AIR PUB e fungendogli da autista, atteso anche l’handicap fisico da cui quest’ultimo è affetto; emergeva altresì come la donna fosse perfettamente a conoscenza dei traffici illeciti dell’allora suo convivente GISABELLA.

 Allo stesso modo, sono stati acquisiti significativi elementi che comprovano il protagonismo di DEDA Elis all’interno dello specifico contesto criminale oggetto dell’indagine, e non solo riguardo il suo inserimento nell’ambiente del traffico di sostanze stupefacenti, ma anche perché si è più volte rilevata la presenza del DEDA ad incontri col CORDARO e col LIPARI.

Ed ancora, nell’ambito delle indagini, veniva ricostruita la rete di spaccio collegata agli esponenti mafiosi di San Cataldo che vedeva coinvolti molti soggetti legati ai predetti DI VITA e CORDARO per la conduzione dell’attività di spaccio sul territorio, in ordine ai quali le dichiarazioni di CAMMARATA Rosario, il quale ha riferito di aver acquistato in più occasioni sostanza stupefacente del tipo eroina e cocaina dai soggetti collegati a DI VITA, CORDARO e LIPARI per la successiva attività di spaccio, hanno riscontrato appieno le risultanze investigative.

Tra i pusher si segnalano SCALZO Vincenzo, uomo di assoluta fiducia dei predetti, suo nipote SCALZO Marco e Cataldo BLANDINA per l’immissione dello stupefacente nel circuito degli assuntori presenti a San Cataldo.

Altro soggetto a disposizione del sodalizio per l’attività di spaccio era Angelo GIUMENTO, che metteva a disposizione il suo garage per riunioni con Maurizio DI VITA, Antonio CORDARO e Vincenzo SCALZO.

Le attività tecniche facevano anche emergere il collegamento esistente tra gli esponenti mafiosi di San Cataldo con Pietro MULONE per la successiva cessione al dettaglio dello stupefacente; con FERRARA Salvatore, il quale manteneva continui contatti con CAGNINA Salvatore e con  CORDARO Antonio; con FERRARA Fabio e FERRARA Vincenzo che hanno rifornito il DI VITA di cocaina.

Le dichiarazioni di FERRAUTO Alberto e quelle del dichiarante CAMMARATA Rosario, nonché, pure in tal caso, gli esiti delle intercettazioni eseguite hanno dimostrato come anche CHITE’ Gioacchino fosse soggetto pienamente inserito nelle illecite dinamiche oggetto d’indagine.

Nel corso dell’indagine veniva effettuata anche un’importante attività di riscontro, effettuata anche indirettamente da altre Forze di Polizia, che fa ritenere che il sodalizio in argomento era dedito allo smercio al minuto di cocaina ed eroina.

Si considerino a tal proposito gli esiti derivanti dagli arresti eseguiti nei confronti di DEDA Elis e MALIQI Albert (soggetto legato al DEDA e al GISABELLA), i quali sono stati rinvenuti nella disponibilità di considerevoli quantitativi, rispettivamente, di eroina e cocaina; il controllo effettuato nei confronti di LAURIA Domenico (dopo aver ricevuto cocaina dal CORDARO e dal LIPARI), all’esito del quale lo stesso veniva trovato in possesso di due involucri contenenti complessivamente 2,8 grammi di sostanza stupefacente che successivamente risultava essere “cocaina”; l’arresto di GIUMENTO Angelo nella quasi flagranza del delitto di illecita cessione a terzi di sostanza stupefacente del tipo eroina; l’arresto di VOKA Alban (soggetto in contatto con GISABELLA Carmelo quando questi veniva sollecitato dal CORDARO e dal LIPARI verosimilmente ad una nuova fornitura di stupefacente dopo che DEDA Elis era stato tratto in arresto) trovato in possesso di 780 gr. di cocaina in pietra.

LA PROSTITUZIONE E I COINVOLGIMENTI DI RUMENI. Infine, le indagini hanno svelato anche l’esercizio delle attività di prostituzione, ad opera delle ragazze rumene nella disponibilità degli odierni indagati, in particolare del GISABELLA, della CHIRITOIU e del PIRVANESCU che hanno dato corso ad una struttura che, in maniera sia pure rudimentale, è stata in grado di gestire per un apprezzabile lasso di tempo l’attività di prostituzione esercitata dalle ragazze, curandone minuziosamente tutte le fasi relative al reclutamento delle donne nel luogo di origine, al successivo trasferimento in Italia ed alloggio in immobili a disposizione degli indagati, al procacciamento dei clienti ed al conseguenziale sfruttamento economico delle prestazioni sessuali a pagamento offerte.

Le acquisizioni investigative hanno dimostrato l’abitualità delle prestazioni sessuali e, certamente, il fine di lucro alle stesse sottese; infatti molte le conversazioni telefoniche intercettate attinenti al reclutamento delle ragazze da avviare all’attività di prostituzione e al guadagno che gli indagati traevano dall’attività di prostituzione esercitata dalle ragazze rumene.

 Il GISABELLA, la CHIRITOIU ed il PIRVANESCU sono risultati coinvolti in maniera continuativa nel favoreggiamento della prostituzione, mentre LIUZZA Francesco, CORDARO, LIPARI, in maniera occasionale, in quanto anche loro favorivano la prostituzione delle prostitute rumene, facendosi da intermediari per procurare alle stesse clienti che intendevano usufruire di prestazioni sessuali  a pagamento.

 Le perquisizioni, effettuate anche con l’ausilio di unità cinofila, hanno dato esito negativo. Tutti gli odierni arrestati venivano condotti presso il carcere di Caltanissetta a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

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