Anche l’onirico film su un ragazzo di portineria in un decadente Hotel di Budapest, scritto e diretto da Wes Anderson, The Grand Budapest Hotel, ha ottenuto quattro statuette, compresa quella a Milena Canonero che ha vinto il suo quarto Oscar per i costumi (gli altri Oscar ottenuti dal film di Anderson sono per la colonna sonora, del francese Alexander Desplat, per il makeup e per la produzione).
Sintetica la Canonero nell’accettare l’Oscar: ha ringraziato Wes Anderson, per questo e per i film precedenti con cui hanno collaborato insieme, Life Acquatic e Darjeeling Limited. “Sei come un direttore d’orchestra, un compositore, sei la nostra fonte di ispirazione” ha detto la costumista torinese che non si è presentata in sala stampa per commentare la sua vittoria. Delusione invece per Boyhood.
Il film di Richard Linklater che era fra i favoriti ma che non ha vinto molto. La storia di crescita lunga 12 anni di un ragazzo, dai sei ai 18, è valsa solo l’ampiamente previsto Oscar per la migliore attrice non protagonista, andato a Patricia Arquette. Confermate anche le statuette a Julianne Moore migliore attrice protagonista per il dramma sull’Alzhaimer Still Alice e a J.K. Simmons, migliore non protagonista per Whiplash.
E’ stato anche l’Oscar dell’impegno sociale. Molti degli artisti saliti sul palco hanno voluto sfruttare il palco degli Oscar per lanciare il loro messaggio. Patricia Arquette ha fatto alzare in piedi per applaudire Meryl Streep e Jennifer Lopez, quando ha parlato dei diritti delle donne americane, soprattutto il diritto ad avere uguali trattamenti economici sul lavoro. In sala stampa ha poi parlato di un progetto che la vede coinvolta per portare sanitizzazione ecologica in posti remoti nel mondo “Stamattina, invece che farmi una stupida manicure mi sono occupata del sito GiveLove.org. Non ho mai pensato di ottenere un oscar, ma ho sempre pensato che nella mia vita avrei aiutato gli altri, l’ho fatto in passato, lo farò in futuro”. Toccante il discorso dello sceneggiatore di Imitation game, Graham Moore che a soli 31 anni ha ottenuto un Oscar per la migliore sceneggiatura non originale. Graham è gay come Alan Turing il matematico che riuscì a decifrare il codice nazista Enigma ma che dopo la guerra fu condannato a causa della sua omosessualità. “A 16 anni ho tentato di uccidermi perché mi sentivo strano e diverso. – ha raccontato il giovane sceneggiatore – Ora sono qui, anche per Alan Turing che non ha avuto possibilità di salire su un palco come questo a far sentire la sua voce. Dico ai ragazzi come me: non vergognatevi di essere diversi e fate sentire la vostra voce, passate il messaggio perché a nessuno venga in mente di tentare il suicidio per la sua diversità”.
L’immigrazione è stato il tema toccato dal messicano Inarritu, estatico per le tante vittorie ottenute dal suo film, ma determinato a spendere una parola per i tanti connazionali che vivono senza diritti negli Stati Uniti, Inarritu ha detto di sperare che l’America trovi una soluzione per loro, perché continui a essere quella grande nazione fatta di immigranti che è sempre stata. John Legend e Common, che hanno vinto per la migliore canzone, Glory, che fa parte della colonna sonora del film Selma, ha toccato il tema dei diritti delle minoranze etniche, mentre Julianne Moore ha ricordato che film come Still Alice portano coscienza su una malattia come l’Alzhaimer “Occorre parlarne perché è solo quando c’è coscienza sociale su una malattia si trova la cura”. Parole forti, sul diritto alla privacy sono arrivate dai realizzatori del documentario CitizenFour, sulla storia di Edward Snowden risultato il miglior documentario. Come sempre accanto ai vincitori ci sono i perdenti, e Boyhood e il suo regista Richard Linklater, hanno perso molto. Il progetto, durato 12 anni, gli anni della crescita del protagonista, non ha pagato, nonostante le previsioni della vigilia. In molti avrebbero scommesso che l’Oscar alla regia sarebbe andato a lui. Ha perso anche American Sniper, il film di Clint Eastwood che racconta la guerra in Iraq portando sullo schermo la storia vera del più letale cecchino d’America. Ha ottenuto solo la statuetta per il sound editing, ma si consola al botteghino dove ha incassato 300 milioni di dollari. Ma il più deluso probabilmente ieri sera è stato Michael Keaton, che per molto tempo era stato dato per vincente nella categoria migliore attore protagonista. Poi Eddie Redmayne ha vinto il Sag e il Bafta, di solito ottimi indicatori delle preferenze dell’Academy e la stella di Keaton ha iniziato a cadere, come quella del personaggio interpretato sullo schermo. Piacevole la conduzione di Neil Patrick Harris, alla sua prima esperienza con gli Oscar, ha coinvolto gli attori in sala, ha cantato, ha fatto battute e non ha esitato di mostrarsi in mutande, suscitando le risate del pubblico. (Fonte ansa.it)