L’assassino di Aldo Naro confessa dopo 8 ore di interrogatorio: i dettagli del delitto

PALERMO – La confessione è arrivata dopo otto ore di interrogatorio. Il diciassettenne dello Zen all’inizio aveva solo confermato di avere colpito con un pugno ad Aldo Naro, prima che qualcun altro e non lui gli sferrasse il calcio mortale alla testa. Alla fine, però, è crollato ed ha ammesso tutto. Da qui il fermo per omicidio disposto dal pubblico ministero della Procura dei minori, Caterina Bartolozzi, che lo ha interrogato assieme al procuratore Amalia Settineri e al pm Carlo Marzella. Il suo racconto coincide con la ricostruzione dei carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale.

La folle notte del Goa inizia una manciata di minuti dopo le tre di venerdì scorso. Prima i pugni, poi il calcio mortale alla tempia. Così è morto Aldo, giovane neolaureato in Medicina. Ha detto addio a sogni e progetti sul pavimento di una discoteca. Aveva 25 anni.

I carabinieri hanno analizzato le immagini delle telecamere della discoteca e, soprattutto, raccolto una sfilza di testimonianze. I carabinieri avevano individuato e cercato invano il ragazzo per ore, a cominciare dalla casa dello Zen dove vive con i genitori. Quando ha capito di non avere altra possibilità si è presentato al carcere Malaspina. A partire dalle cinque del pomeriggio è iniziato un interrogatorio fiume.

Ecco, dunque, le drammatiche fasi ricostruite dagli investigatori. La discoteca è zeppa di ragazzi. Nel privè ci sono tre tavoli. Uno è occupato dalla comitiva del giovane medico. La ricostruzione si basa soprattutto sulle testimonianze. La scintilla che scatena la rissa sarebbe stata la futile contesa per un cappellino da cowboy. Aldo Naro viene aggredito una prima volta a pugni, due quali vanno certamente a segno. La conferma arriva dall’autopsia che ha riscontrato la frattura del setto nasale e un trauma al fianco sinistro del giovane. Il diciassette all’inizio ammetterà davanti ai pm di avere solo sferrato il pugno.

A quel punto intervengono due buttafuori, ufficialmente assoldati dai titolari, che cercano di sedare gli animi. Aldo viene preso sotto braccio e accompagnato verso la vicina porta di sicurezza. Pochi passi più avanti, il giovane medico scivola, o forse incespica, oppure avverte un malore mentre scende i gradini che separano il privè dal resto della sala. Gli amici urlano il nome di Aldo. Non riescono più a vederlo. Non possono vederlo. Aldo è per terra.

Ed è ora che qualcuno sferra il calcio mortale che lo colpisce alla tempia. Attorno al giovane si forma un capannello di persone. La scena viene ripresa da una telecamera. Le immagini, però, non sono tutte nitide. L’ambiente è buio, nebbioso per via del fumo sparato dalle macchine. Le luci psichedeliche e quelle stroboscopiche fanno il resto. Al termine del drammatico interrogatorio il ragazzo dello Zen, che prima si era difeso negando, ammette anche che è suo il piede che ha colpito alla tempia Aldo. Il suo volto era stato ripreso dalle telecamere piazzate all’esterno del locale. Era arrivato assieme ad altro quattro ragazzi a notte inoltrata. Sono tutti dello Zen.

Aldo Naro, dunque, dopo essere stato colpito al volto e al fianco ha avuto la sfortuna di cadere per terra. Senza quella caduta, accidentale o provocata che sia stata, non avrebbe mai ricevuto il terribile calcio che lo ha ucciso quasi sul colpo, come hanno confermato i medici legali.

Questo quanto scoperto dai carabinieri che hanno sentito decine e decine di testimonianze,guardato le immagini di ventisei telecamere e ricostruito ex post la scena all’interno della discoteca, frugando anche nelle bacheche virtuali dei social network di alcuni protagonisti, diretti e indiretti, della folle notte del Goa. Molti i sospetti e gli elementi raccolti sulla figura e il presunto ruolo del diciassettenne, protagonista di un lunghissimo interrogatorio andato avanti dal pomeriggio fino al cuore della notte. Di lui si sa che è incensurato e che frequenta il mondo dei buttafuori. È in contatto con alcuni di essi, in particolare con il figlio di un boss dello Zen che si occupa di sicurezza davanti ai locali notturni. (Fonte livesicilia.it)

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  • Intanto si facesse la galera, minimo 30 anni. Poi bisognerà cercare anche gli altri che hanno pure contribuito ad alimentare il litigio al posto di bloccarlo e punirli pure in maniera esemplare. Sicuramente Aldo non ritornerà in vita, ma se ciò avvenisse si potrebbe sperare che possa essere da esempio a tutti per il futuro.

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