Mafia: Dia Caltanissetta confisca beni per 50 mln euro a imprenditore

diaCALTANISSETTA – Beni per un valore di circa 50 milioni di euro sono stati confiscati dalla Direzione investigativa antimafia di Caltanissetta a Paolo Farinella, 71 anni, imprenditore della provincia di Palermo residente a Caltanissetta di 71 anni. Gli uomini della Dia stanno eseguendo il provvedimento di confisca a 10 imprese, 25 fabbricati e terreni per un estensione complessiva di circa 350 ettari, tutti riconducibili all’anziano imprenditore. Il provvedimento patrimoniale e’ stato emesso dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Caltanissetta, a conclusione di un’inchiesta partita da una serie di operazioni bancarie ritenute dagli inquirenti sospette. L’operazione e’ stata condotta dalla Dia di Caltanissetta, guidata dal comandante Gianfranco Ardizzone, e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia nissena, diretta da Sergio Lari.

Paolo Farinella, coinvolto nel 2009 nell’operazione antimafia “Flour”, secondo gli inquirenti, dopo la morte del cugino Cataldo Farinella, costruttore pienamente inserito in Cosa nostra palermitana e legato ad Angelo Siino, un tempo ‘ministro dei Lavori pubblici’ di Toto’ Riina e oggi pentito, Paolo Farinella gli era subentrato, di fatto, nella gestione delle imprese e avrebbe mantenuto rapporti con personaggi di spicco dell’organizzazione mafiosa per la gestione degli appalti. Tra i beni confiscati, che si trovano a Caltanissetta, Palermo e provincia, Roma, Livorno e Catania, figura il latifondo Mimiani, nel Nisseno, usato da Cosa nostra come luogo di comoda e sicura latitanza: vi si sarebbero nascosti anche Bernardo Provenzano e Giovanni Brusca. Nel feudo, riserva di caccia, di ristoro e di divertimento per molti boss, si riuniva il mandamento comprendente le famiglia di San Cataldo, Caltanissetta, Marianopoli e Vallelunga. Secondo il collaboratore di giustizia Leonardo Messina, in quella tenuta nel 1983 si svolse una riunione per decidere appoggi in vista delle elezioni politiche. Successivamente arrivo’ l’ordine, per gli uomini d’onore di mezza Sicilia di non frequentare piu’ quel feudo perche’ pieno di poliziotti e carabinieri. Il terreno, circa 300 ettari, con annessa azienda agricola, risultava intestato per due terzi al defunto Cataldo Farinella e solo per un terzo al cugino Paolo, ma i riscontri della Dia e’ emerso che la gestione dell’intera proprieta’ era riconducibile a quest’ultimo, il quale percepiva anche contributi pubblici erogati dall’Agea. I profitti dell’attivita’ agricola venivano usati per finanziare le imprese di costruzione riconducibili ai familiari di Farinella e per sostenere la vedova di Cataldo. Le indagini sono partite da una serie di operazioni bancarie ritenute dagli inquirenti sospette ed effettuate a Caltanissetta da Paolo Farinella e dalla figlia Rosalba. Entrambi sono risultati titolari di diverse imprese edili che si aggiudicavano appalti in tutto il territorio nazionale, ma anche a capo di parecchie aziende agricole e proprietari di numerosi fabbricati e vasti appezzamenti di terreno.

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