Salute

Per il numero chiuso in Medicina un pool di avvocati nisseni ha vinto il ricorso contro il Miur e i loro assistiti sono stati ammessi.

Redazione 1

Per il numero chiuso in Medicina un pool di avvocati nisseni ha vinto il ricorso contro il Miur e i loro assistiti sono stati ammessi.

Ven, 05/12/2014 - 22:33

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test numero chiusoTre avvocati, due di Serradifalco e uno di Gela, hanno vinto la battaglia contro il Miur demolendo la logica del numero chiuso per l’accesso ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia. Con ordinanza cautelare emessa dal Tar Lazio-Roma, qualche giorno fa sono state accolte le richieste avanzate da diversi aspiranti ad un posto per il corso di laurea a numero programmato in Medicina e Chirurgia per l’ a.a. 2014-2015, difesi dal team di legali composto dagli avv. Davide Middione e Vincenzo Ricotta del foro di Caltanissetta e Rocco Fasciana del foro di Gela. Il Tar Lazio-Roma ha accolto in toto le richieste avanzate dai ricorrenti ordinando al Miur ed alle Università coinvolte di immatricolare in soprannumero gli studenti vincitori permettendone l’immediata frequenza delle lezioni. Gli avvocati hanno basato la loro vincente strategia difensiva ritenendo illegittime le modalità dello svolgimento delle prove concorsuali previsti dal Decreto Ministeriale 5 febbraio 2014 n. 85 e dai successivi atti amministrativi consequenziali per la violazione del principio dell’anonimato. Ciascuna Università doveva approntare idonee misure preventive e cautelari dirette alla salvaguardia della segretezza degli autori delle prove scritte fino a quando la correzione non fosse stata ultimata al fine di garantire la parità di trattamento tra i candidati che postula una valutazione obiettiva dei loro elaborati e, conseguentemente, evitare di utilizzare mezzi e modalità che consentono di risalire in via indiretta ed occulta all’autore dello scritto. Nel caso di specie, però, le prove ed i relativi moduli oggetto di compilazione e di altri fogli consegnati dai vari candidati sono stati oggettivamente attribuibili a ciascuno di essi in forza della sequenza di nove lettere e cifre, un codice alfanumerico, che il candidato conosceva poiché stampato sull’elaborato. Pertanto, nel test in questione, in concreao, è stato violato il principio dell’anonimato per una serie di ragioni, gravi e autosufficienti: secondo i legali: <ogni candidato conosceva il proprio codice. E’ ovvio che poteva memorizzarlo, notarlo, comunicarlo a terzi coinvolti in un intento collusivo. L’amministrazione ometteva cioè ingiustificatamente di “coprire” il codice, di proteggere tale informazione sensibile; il codice veniva consegnato alla fine della prova a ciascuno dei candidati su apposito foglio, contenente username e password per l’accesso all’area riservata del sito del Ministero, dove consultare l’esito della prova. La username corrispondeva per tutti al codice alfanumerico che diventa così ostensibile a chiunque; le buste contenenti gli elaborati recavano una finestra trasparente appositamente volta alla visualizzazione dell’esterno del codice alfanumerico. La visualizzazione dall’esterno non assolveva ad alcune comprensibile e legittima finalità dell’amministrazione, posto che le buste venivano raccolte in pacchi per ogni ateneo e successivamente consegnate, separatamente, al Cineca>. Inoltre, sempre secondo i legali, <il codice alfanumerico in questione era riportato contestualmente sul questionario delle domande su una scheda anagrafica e su un secondo modulo risposte, destinati a rimanere in possesso dell’amministrazione. Il secondo modulo risposte fornito a norma del bando per tutelare un possibile ripensamento nella compilazione delle risposte, andava annullato a cura del candidato>. I legali, soddisfatti, hanno commentato: <Il Tar Lazio-Roma, con l’accoglimento delle tesi difensive elaborate insieme ai colleghi Ricotta e Fasciana, ha sostanzialmente demolito il numero chiuso per l’accesso ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia. Il Miur, infatti, per i motivi sopra esposti, ha violato il principio dell’anonimato che si applica al test d’accesso in esame, in forza del richiamo contenuto del bando alle disposizioni della L. 241/1990 e agli artt. 5, 6 e 8 del d.p.r. 3 maggio 1957 n. 686 e successive modifiche ed integrazioni; i ricorrenti, con l’annullamento dei provvedimenti impugnati nella parte di loro interesse, hanno conseguito il diritto a frequentare il corso di laurea cui aspiravano. Il provvedimento emanato dai giudici amministrativi, inoltre, ha imposto l’immediata immatricolazione al corso di laurea scelto dagli studenti come prima opzione, nel senso che ciascun ricorrente può studiare presso l’Università più vicina alla sua residenza  con notevole risparmio di risorse economiche per sè e per la sua famiglia. Possiamo ritenerci soddisfatti di aver difeso il diritto allo studio di numerosi studenti e potere permettere loro di ambire alla professione che più desiderano>.