“Il fuoco cadeva dal cielo, non avevo mai visto niente di simile”, ha raccontato in aula un operaio marocchino. Le fiamme distrussero un compressore, il fumo invase il tunnel dove le maestranze erano al lavoro. Danni per 180 mila euro. Il frutto di un’azione pianificata con cura che, per gli investigatori, si inseriva in uno stillicidio di danneggiamenti, attacchi e intimidazioni con i quali convincere i No Tav meno bellicosi a inasprire la lotta contro l’odiato supertreno. Claudio Alberto, Niccolò Blasi, Mattia Zanotti e Chiara Zenobi sono stati arrestati il 9 dicembre e, al processo hanno rivendicato la loro partecipazione. Altri compagni sono stati individuati nei mesi successivi e alcune frasi di uno degli indagati, intercettate dalla Digos, hanno portato acqua al mulino della procura: “L’obiettivo era bruciare una camionetta degli sbirri e due o tre mezzi del cantiere, ma erano posteggiati in luoghi diversi dal solito. Dovevamo forzare un po’ di più”. Si sente anche dire “nessuno se la sentiva di fare del male”, ma questa affermazione per i pm “è smentita dai fatti perché gli ordigni furono lanciati contro le persone”.
Il movimento No Tav protesta, fa quadrato attorno agli imputati e accusa i “magistrati con l’elmetto” di essere mossi da “fame di successo e di credibilità”. Notav.info, la voce più ascoltata, sottolinea che “si è parlato di attacco alla personalità dello Stato come se il compressore fosse Napolitano”. In serata un gruppo di attivisti si è radunato davanti ai cancelli del cantiere per una dimostrazione. “Via le truppe dalla valle” lo striscione esposto da un centinaio di manifestanti che hanno attraversato i boschi della zona sotto la pioggia. (Fonte ansa.it)