“Un atto di guerra contro lo Stato”. Così la procura di Torino definisce l’attacco portato dai No Tav la notte fra il 13 e il 14 maggio 2013 al cantiere di Chiomonte, in Valle di Susa. Parole che oggi, al processo in corso nell’aula bunker delle Vallette, hanno accompagnato la richiesta di condannare quattro anarchici a nove anni e mezzo di carcere per terrorismo. “Noi giudichiamo la condotta e non le idee”, avevano esordito i pm Antonio Rinaudo e Andrea Padalino. “Sul Tav ognuno ha le sue opinioni, è un’opera che può piacere o non piacere. Ma quella non fu una manifestazione di dissenso e nemmeno un’iniziativa estemporanea di pochi ribelli. Si trattò di violenza armata. Il cui obiettivo era costringere lo Stato ad abbandonare una scelta politica ed economica, a retrocedere. E questa, in base al codice, è una finalità terroristica”. Ad agire furono una trentina di persone arrivate da varie parti d’Italia, tutte quasi certamente di estrazione anarchica. Si divisero in gruppi e sottogruppi, si coordinarono servendosi di telefonini intestati a nomi fittizi, attaccarono in più punti, scagliarono razzi, bengala e soprattutto molotov.
“Il fuoco cadeva dal cielo, non avevo mai visto niente di simile”, ha raccontato in aula un operaio marocchino. Le fiamme distrussero un compressore, il fumo invase il tunnel dove le maestranze erano al lavoro. Danni per 180 mila euro. Il frutto di un’azione pianificata con cura che, per gli investigatori, si inseriva in uno stillicidio di danneggiamenti, attacchi e intimidazioni con i quali convincere i No Tav meno bellicosi a inasprire la lotta contro l’odiato supertreno. Claudio Alberto, Niccolò Blasi, Mattia Zanotti e Chiara Zenobi sono stati arrestati il 9 dicembre e, al processo hanno rivendicato la loro partecipazione. Altri compagni sono stati individuati nei mesi successivi e alcune frasi di uno degli indagati, intercettate dalla Digos, hanno portato acqua al mulino della procura: “L’obiettivo era bruciare una camionetta degli sbirri e due o tre mezzi del cantiere, ma erano posteggiati in luoghi diversi dal solito. Dovevamo forzare un po’ di più”. Si sente anche dire “nessuno se la sentiva di fare del male”, ma questa affermazione per i pm “è smentita dai fatti perché gli ordigni furono lanciati contro le persone”.
Il movimento No Tav protesta, fa quadrato attorno agli imputati e accusa i “magistrati con l’elmetto” di essere mossi da “fame di successo e di credibilità”. Notav.info, la voce più ascoltata, sottolinea che “si è parlato di attacco alla personalità dello Stato come se il compressore fosse Napolitano”. In serata un gruppo di attivisti si è radunato davanti ai cancelli del cantiere per una dimostrazione. “Via le truppe dalla valle” lo striscione esposto da un centinaio di manifestanti che hanno attraversato i boschi della zona sotto la pioggia. (Fonte ansa.it)