CALTANISSETTA – Ora che è stato assolto, per l’ennesima volta, se ne può parlare senza il rischio di “maramaldeggiare”.
Rudy Maira, politico di lungo corso, è sulle scene della politica nissena dal 1975, anno in cui fu eletto al Consiglio Comunale in una lista di “rottamatori”, in cui nessuno dei consiglieri uscenti della DC aveva trovato posto, per segnare con decisione novità e discontinuità. Piccolo particolare, a capeggiare quella lista di volti nuovi c’era l’on. Calogero Volpe da Montedoro, in Parlamento dal 1946, medico e consigliere politico di don Calogero Vizzini, garante dell’operazione-rinnovamento.(!?)
Era così la prima Repubblica, piena di ossimori e di contraddizioni. Ma con alcuni punti fermi: il cursus honorum, per esempio. Le istituzioni si scalavano dal basso, dai Consigli Comunali, con i voti espressi dai cittadini, e con il primo “scatto di carriera” si diventava Assessori e poi Sindaci, mettendo d’accordo le diverse anime (e correnti) dei partiti di appartenenza.Se ci si riusciva.
E così aveva fatto Rudy, che sognava la politica sin da quando organizzava le feste degli studenti al Liceo, troppo avanti negli anni per vivere il ’68 e troppo giovane per avere vissuto l’epopea politica del dopoguerra.
Questo essere disancorato dai grandi movimenti della storia sarebbe rimasta una tara genetica nella sua formazione politica e culturale. E nel suo destino.
A confortarlo in questa estraniazione, neanche tanto sofferta, il suo piccolo amico Pietro (Milano): una coppia politica per la vita, nella buona e nella cattiva sorte, come Yoghy e Bubu nella giungla della politica. Fino a rimanere loro due, soli.
Non pensava che sarebbe andata così, Rudy, quando aveva cominciato la scalata: anzi, sembrava promettere bene. Finalmente, un nisseno (anche se con ascendenze eterogenee), emergeva in una politica dominata dai “paesani”, gelesi o del Vallone, mentre la città capoluogo perdeva peso politico e valore economico anno dopo anno.
E proprio questo è stato il problema: nessun progetto per fermare il declino, nessuna idea per sostituire la civiltà dello zolfo che moriva, solo spesa pubblica e lavori pubblici così come venivano, senza nemmeno un piano di infrastrutturazione moderna del territorio.
Maira fa il Sindaco quando arriva il metano, e le ombre degli affari intorno a quel business miliardario gli attaccano l’etichetta di “Sindaco del gas”. Si sta ancora indagando su come i “tavolini” della mafia dei colletti bianchi avessero messo le mani su quell’affare, in quel di Palermo, con gli amici di Ciancimino & C.
L’altro servizio che si privatizza a suon di miliardi negli anni ‘90 è quello della Nettezza Urbana: si passa dal servizio comunale dei netturbini, indisciplinati e politicizzati, capaci di bloccare la città sotto cumuli di spazzatura, ad un servizio “aziendale”, efficiente ed efficace, che non desse problemi di igiene e di ordine pubblico. Comincia l’epopea di Nissambiente, la società che ha cambiato tanti nomi negli anni, con i diversi appalti, ma mai il responsabile del personale, uomo di fiducia di Rudy, per tanto tempo capobastone di un consistente pacchetto elettorale. Che oggi ha investito in proprio, diciamo a livello familiare.
Tra l’uno e l’altro city-business Rudy fa un giro di “primavera nissena”: è la stagione di Leoluca Orlando a Palermo ed Enzo Bianco a Catania, i sindaci della svolta delle Giunte di programma, dove la DC sta in Giunta con i comunisti, i socialdemocratici e i repubblicani. I socialisti stanno fuori, scalpitando, scalzati dalla politica dei “due forni”.
Anche a Caltanissetta l’esperimento riesce, dal 1988 al 1990, e il vice di Rudy è Antonio Riolo, ex ragazzo comunista che organizza manifestazioni per l’emergenza acqua portando il gonfalone del Comune alla testa di diecimila persone esasperate. Portando nell’aula consiliare a dare ragione del suo operato persino il Presidente della Regione, quel Rino Nicolosi del “partito unico della spesa pubblica” alla cui corrente Rudy si associa, lasciando la collocazione storica degli amici di Salvo Lima, sganciandosi da Augello, il deputato di riferimento, per competere ora sul territorio con Bernardo Alaimo da Serradifalco, l’astro nascente dei dorotei nisseni, che aveva appena fatto fuori la vecchia guardia alle elezioni regionali del 1986.
E comincia il vortice dei cambi di corrente e delle amicizie pericolose, la cordata di Riesi, quando decide, esaurita l’esperienza con i comunisti, di non uscire dalla DC come Leoluca Orlando, ma di fare parte per se stesso, convinto ormai di poterefare a meno anche della politica. I nisseni l’avrebbero seguito comunque e dovunque.
L’eccesso di autostima non gli ha giovato. Non è bastato essere un avvocato brillante e ammanigliato (famosa la consulenza da 8 miliardi nel 1990 per la fusione tra Monte dei Paschi di Siena e la Banca Popolare di Canicattì), né potersi vantare di essere stato il miglior Sindaco della prima Repubblica.
Deputato ci diventa, prima a Montecitorio e poi alla Regione, ma sempre con le ombre lunghe addosso: accuse pesantissime e infamanti, processi clamorosi, assoluzioni, prescrizioni (come quella per voto di scambio). Per questo motivo, nel 2001, Claudio Fava lo ferma con un veto mentre stava per candidarsi al Senato per il centro-sinistra a Palermo, collegio Settecannoli.
Sovraesposto in troppe elezioni perdute, con troppi passaggi di campo nella micro-galassia degli eredi irriducibili della DC (CDU, UDEUR, UDC, PID e infine Forza Italia incrociando Pagano in uscita verso il NCD), logorato dagli attacchi mediatici mentre non riusciva a costruire risposte politiche reali alle necessità del suo territorio, Maira cammina oggi sul viale del tramonto senza essere riuscito a costruire qualcosa di valido che possa sopravvivergli politicamente. Alle ultime comunali, suo figlio non è riuscito neppure ad essere eletto, come invece i figli e i fratelli di tanti suoi ex galoppini.
Con il suo volto da emiro stanco, troppo orgoglioso per l’autocritica, troppo intelligente per non ammettere il fallimento, sopravvive a se stesso come tanti che possono dire soltanto di avere un grande avvenire dietro le spalle.
Glielo aveva profetizzato, negli anni ’80, una popolana della Provvidenza in una di quelle crisi per l’acqua che esasperavano la pazienza dei nisseni oltre i limiti della convenienza clientelare: “Rudy Mai…” lo aveva apostrofato.