CALTANISSETTA – NICOSIA – Apprendiamo dalla stampa della convocazione della riunione consiliare in epigrafe e sentiamo l’esigenza di dare un contributo di “cittadinanza attiva”.
Le politiche europee per il periodo di programmazione 2014-2020 si baseranno – e non soltanto per la programmazione dei fondi – su obiettivi che hanno carattere territoriale e sui quali si concentreranno le risorse finanziarie. Tali obiettivi, che sono Mezzogiorno, Città e Aree interne, a nostro avviso ripropongono, al di là degli intenti di coesione, convergenza e competitività su cui si fondava la programmazione precedente (2007-2013), vecchie e mai sopite dicotomie fra nord e sud, fra città e periferie.
Infatti, la visione complessiva delle politiche europee e di quelle nazionali e, in particolare, da un lato il forte orientamento verso lo sviluppo delle città (es. smart cities) e dall’altro la costituzione di nuovi enti territoriali quali le Città metropolitane, creano il rischio serio, concreto e attuale del riproporsi delle politiche agglomerative degli anni ’60-’70 del Novecento. Tutto ciò avrebbe come conseguenza sia l’impoverimento (non solo economico!) delle aree rurali sia l’accentuazione di già evidenti fenomeni di inurbamento o di dipendenza di tali aree dalle grandi concentrazioni urbane.
Il Comitato Tecnico Aree Interne (Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica) ha già individuato per l’Italia i territori che appartengono alle Aree interne (Intermedio, Periferico, Ultraperiferico) e alle Città (Polo, Polo intercomunale e Cintura).
Si veda il grafico che segue.
La classificazione operata dal Comitato Tecnico Aree Interne risente di una definizione, quella di Area interna, che contraddice il senso comunemente attribuito a questa espressione, ingenerando facili e perniciosi equivoci. Infatti, secondo la citata classificazione, per Area interna non si intende l’“area lontana dalla costa” o “l’area centrale di una regione geografica”, ma un’area deprivata, con poca popolazione e insufficienti servizi. Pertanto è facile osservare come le aree interne siano anche sulla costa e come gran parte del territorio siciliano sia “area interna”. Allo stesso tempo si rileva come nel “centro geometrico” della nostra regione vi siano aree che non sono interne: il polo Caltanissetta, il polo Enna e la sua cintura. Pertanto i territori delle due province di Enna e Caltanissetta – a parte i due poli urbani citati, il polo urbano di Gela e i territori Cintura – ricadono tutti in Area interna (Intermedio, Periferico ed Ultraperiferico).
È bene chiarire che la geografia elaborata dal Comitato Tecnico Aree Interne non è una mera descrizione, ma è una prescrizione e che ad essa corrispondono i documenti di programmazione e, in particolare:
– l’Accordo di Programma Quadro fra la Commissione Europea ed il Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica del Ministero dello Sviluppo Economico, per il periodo 2014-2020;
– la bozza del PO-FESR della Regione Sicilia per il periodo 2014-2020.
Quest’ultimo documento della Regione Siciliana accoglie pienamente la distinzione fra Città ed Area interna. Esso, tuttavia, lascia aperta una serie di interrogativi a causa di vuoti e di vaghezze che richiedono chiarimenti immediati. Ci riferiamo, ad esempio, a quanto scritto alle pagine 186 e 187 del documento, per la cui lettura – che auguriamo attenta e critica – si rinvia all’allegato.
È evidente che sono già state “pre-selezionate” quattro o forse cinque aree che parteciperanno (in forma aggregata) alla Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI). E le altre Aree interne? Non bastava la dicotomia fra Città e Area interna? Era necessaria un’altra classificazione (nella sostanza) fra Aree Interne di serie A e di serie B?
La Regione Siciliana, parafrasando l’adagio secondo cui “si è sempre più al sud di qualcuno”, ci dice che “si è sempre più interni di qualcuno”.
Tali questioni, qui esaminate necessariamente in modo sintetico e di conseguenza riduttivo, devono oggi essere affrontate con urgenza e con unità di intenti.
Occorre domandare immediati chiarimenti alla Regione Siciliana circa la strategia che si intende seguire in un contesto, quello siciliano, nel quale esiste un’evidente multipolarità dello sviluppo e delle città. Quello siciliano è anche un contesto nel quale lo sviluppo, l’intelligenza, l’innovazione partono anche dalle cosiddette Aree interne, e assai più spesso di quanto comunemente si creda.
Occorre domandare alla Regione Siciliana quali possibilità ci saranno di affiancare le aggregazioni “pre-selezionate” con nuove, ulteriori aggregazioni territoriali.
Occorre domandare alla Regione Siciliana quali conseguenze ci saranno per i territori non aggregati quando si tratterà, concretamente, di partecipare alle misure di finanziamento. Ci saranno, ad esempio, premialità, riserve e connesse penalizzazioni per i progetti ricadenti in territori non aggregati ad unioni formali o esclusi dalla SNAI? E quali forme di aggregazione indicherà la Regione Siciliana?
Occorre domandare alla Regione Siciliana, ancora, quali rapporti strategici e programmatori esisteranno fra Aree rurali (già individuate dall’approccio Leader) ed Aree Interne (nel documento sopra menzionato, infatti, spesso si citano insieme le due fattispecie).
Ad avviso degli scriventi, quanto descritto evidenzia il rischio di una deterritorializzazione distruttiva.
Appare evidente che l’evento deterritorializzante conseguente all’eliminazione delle Province e le spinte di riterritorializzazione che da tale evento conseguono, producono talora spinte “secessioniste”. Queste non sono del tutto giustificabili con l’emotività e con sentimenti di rancore verso i poli provinciali spesso visti come padre e padrone. Tali spinte potrebbero vanificare le possibilità di un completamento o, meglio, di una complementarietà fra Poli urbani e Aree Interne.
La “nuova geografia dello sviluppo” deve invece indurre ad un’altra considerazione, ad un altro livello di ragionamento, un livello che riguarda la scala dimensionale della cosiddetta area vasta o, per meglio dire, dell’“area intermedia”.
Le due polarità urbane esistenti nel territorio della Sicilia centrale suggeriscono l’idea di un unico sistema funzionale. Quest’idea è rafforzata dalla necessità di tenere conto sia della relazione spaziale sia delle relazioni funzionali, attuali e potenziali. Fra queste vi sono certamente le infrastrutture viarie e trasportitiche, così come evidenziato nel punto in discussione al Consiglio.
E proprio sulla questione infrastrutturale e trasportistica ribadiamo la necessità di riscoprire il valore del buon senso nelle scelte politiche nazionali e regionali. La mancanza di ciò che in generale definiamo come “buon senso” ha condotto alle citate dicotomie fra Città e Aree Interne. Questa mancanza di buon senso assume, passando dal generale al particolare (in questo caso al “particolare” dell’infrastrutturazione essenziale per la nostra regione) il carattere di disparità. Infatti, mentre vengono destinate ingenti risorse per i collegamenti ferroviari fra Città metropolitane, al contempo si discute di percorsi per il nuovo progetto ferroviario che escluderebbero Caltanissetta-Xirbi e Enna. Mentre si parla di smart cities e si “imbandiscono” le ingenti risorse del Programma Operativo Nazionale “Città Metropolitane 2014-2020”, al contempo si definanzia la Nord-Sud o Strada dei Due Mari.
La città è “invincibile”? O soltanto alcune città lo sono? E se qualcuna finora lo è, essa non dovrà, prima o poi, fare i conti con la disfatta di territori “vinti” da una politica che ha perso ogni senso di realtà, ossia ciò che ancora qualcuno di noi chiama “buon senso”?
Vi auguriamo buon lavoro.
Per il Forum Sistema Sicilia Centrale
– Nino Arrigo
– Annalisa Bonomo
– Connie Falduzzi
– Leandro Janni
– Giuseppe La Mensa
– Giuseppe Sigismondo Martorana