CALTANISSETTA – Giovanni Ruvolo, commentando l’esito delle elezioni comunali, ha parlato pateticamente di “rinascita” di Caltanissetta. L’autocelebrazione di chi è risultato di gran lunga il più votato fra i candidati a sindaco: il 46% dei votanti infatti ha espresso la propria preferenza per il candidato del “Polo civico”, del Pd e dell’Udc.
Tuttavia, per chi analizza la realtà dei fatti senza farsi incantare dal politichese, è chiaro che la “rinascita” esiste solo negli slogan di Ruvolo, slogan di cui, come vedremo più avanti, persino lui è tutt’altro che convinto.
Durante la campagna elettorale in tanti gli hanno rimproverato di aver rinnegato l’antipartitismo sbandierato in passato, e di essersi alleato coi diavoli, ovverosia col Pd e l’Udc, partiti che in questi anni hanno contribuito in maniera determinante al massacro sociale, sia a livello locale che a livello nazionale (e che tuttora sono al governo con Renzi, prossimo carnefice dei lavoratori, dopo aver
sostenuto Monti e Letta). A chi gli faceva notare questo dato di fatto evidente, e cioè che lui e i suoi “civici” si sono venduti ai partiti di sistema, l’ex nemico dei partiti si è difeso in campagna elettorale con un ritornello preconfezionato, e cioè che i partiti in questione hanno sposato il programma e il “metodo partecipativo” del Polo civico, e che con loro si sarebbe instaurato un rapporto di “fiducia”.
Peccato che questa romantica luna di miele (ad uso e consumo dell’esterno) sia durata soltanto i giorni della campagna elettorale. A spoglio avvenuto, infatti, le faide interne che a malapena erano state compresse sono esplose fragorosamente. Il candidato sindaco Ruvolo ha preso circa il 30% dei voti in meno rispetto alla sommatoria dei voti delle liste che lo sostenevano (12152 contro17677!).
Un’enorme discrepanza che ha creato non pochi malumori nella coalizione, in quanto è risultato evidente che buona parte dei sostenitori di Ruvolo… non lo ha sostenuto! In tal modo, è sfumata per lui la possibilità di diventare sindaco di Caltanissetta direttamente, senza passare dal ballottaggio. A proposito di rapporti di “fiducia” e di “metodo partecipativo”!
Diversa la situazione per quanto riguarda Michele Giarratana, il candidato dell’area di centrodestra che fra pochi giorni contenderà a Ruvolo la carica di sindaco. Le tre liste civiche che lo supportavano, infatti, due delle quali non hanno superato la soglia di sbarramento del 5%, hanno preso complessivamente circa 3500 voti, quasi 500 in meno del loro candidato sindaco. Il Giarratana cantore del “comune azienda” (come da manuale del berlusconismo), va al ballottaggio nonostante la distanza di trenta punti percentuali da Ruvolo, ma il ballottaggio è una storia a sé e non ci meraviglieremmo se il finale riservasse qualche colpo di scena. L’onorevole Alessandro Pagano, leader locale del Nuovo Centrodestra, mettendo da parte i dissapori pregressi, ha teso la mano a Giarratana, e non è difficile immaginare che il resto della destra nissena (Forza Italia e il team di Gioacchino Lo Verme, terzo competitor destrorso) possa fare altrettanto, facendo blocco attorno a Giarratana nella sfida decisiva. Insomma, da una parte e dall’altra, sia al centrodestra che al centrosinistra, i soliti squallidi giochi di palazzo, la solita corsa alle poltrone senza esclusione di
colpi. “Rinascita” nissena?
Con buona pace di Ruvolo, insomma, Caltanissetta non vive affatto una fase di “rinascita”, ma un continuo precipitare nelle tenebre. In un articolo pubblicato durante gli ultimi giorni di campagna elettorale abbiamo spiegato pubblicamente cosa si muoveva dietro le quinte. Gli stessi candidati a sindaco e a consigliere che pubblicamente facevano a gara nelle promesse, sciorinando – coerentemente col mediocre spessore politico e culturale – luoghi comuni e ipocrisia a volontà, sottobanco scatenavano nei quartieri popolari la solita caccia al voto fatta di promesse di lavoro, favori, soldi, borse della spesa. Parecchi giovani e disoccupati, come al solito, sono stati pagati per fare attacchinaggio selvaggio (attività che hanno svolto senza risparmiarsi talvolta l’uso della prepotenza e del metodo intimidatorio) dai politicanti dei vari schieramenti che sfruttano senza alcuna remora l’indigenza delle persone.
E l’esito delle elezioni conferma ulteriormente che il concetto di “rinascita” è quanto di più lontano ci possa essere dalla realtà nissena. Innanzitutto, aumenta la percentuale degli astensionisti (il 35% degli aventi diritto al voto non si è recato alle urne), un dato a nostro avviso significativo e che si inserisce in un trend abbastanza generalizzato (l’astensione si diffonde a qualsiasi latitudine e
longitudine, come dimostrano anche i dati relativi alle elezioni europee). A riprova del fatto che cresce il numero delle persone che si rende conto dell’illusorietà della democrazia e delle elezioni nel quadro del sistema economico vigente, anche se ancora questa diffusa sfiducia verso le istituzioni non si esprime in maniera attiva ma prevalentemente come passiva rassegnazione.
Si tratta di un dato di cui soltanto noi sembriamo renderci conto, considerato anche che, a qualsiasi coordinata geografica, si vedono politicanti esultare per “vittorie” ottenute in elezioni disertate dal 40 o 50% degli elettori (e non potrebbe essere diversamente dato che ai politicanti l’unica cosa che interessa è la poltrona). Queste vergognose esultanze, sprezzanti del malessere e del disgusto delle
masse popolari, sono ancora possibili perché, come abbiamo detto in precedenza, il malcontento e la sfiducia verso le istituzioni in Italia ancora non si tramutano, a differenza di quanto avviene oggi in altri Paesi le cui condizioni oggettive sono differenti, in mobilitazioni popolari e lotta di massa (e questo anche per il ruolo nefasto svolto dalle burocrazie sindacali e politiche riformiste che
continuano a ingannare le persone e a fare opera di pompieraggio a beneficio delle classi dirigenti).
Tornando alle elezioni nissene, e premesso che in seguito ad alcuni ricorsi è attualmente in corso il riconteggio dei voti, per cui i dati che riportiamo nel presente articolo potranno essere soggetti a qualche variazione, sta di fatto che l’Udc, partito filo padronale erede della DC, storicamente radicato nella nostra regione sulla base di logiche clientelari (nonché di legami con ambienti
mafiosi, Cuffaro docet), risulta essere il partito più votato a Caltanissetta (5238 voti, 14,8%). Dato inquietante, e oltretutto in controtendenza, visto che nel resto del Paese l’Udc ha conosciuto in questi anni un vistoso arretramento, conseguenza degli scandali che l’hanno investita e delle sue politiche antipopolari (ma la “rinascita” di Caltanissetta evidentemente produce strani effetti!).
Il secondo partito più votato è stato il Pd, che ha beneficiato dell’effetto Renzi (l’“uomo della provvidenza” del momento), partito che in questi anni è stato in prima fila nell’attacco alle masse popolari e che tutt’ora è travolto dagli scandali in ogni parte d’Italia: dalla Sicilia, dove ha subito l’arresto del suo uomo di punta, Francantonio Genovese, a Venezia, dove il sindaco Orsoni è stato arrestato nell’ambito di una gigantesca tangentopoli. A Caltanissetta il Pd ha preso ben 4774 voti (13,5%), dato a cui in realtà – come ha sottolineato il “Circolo centro storico” – vanno aggiunti i 2682 consensi (7,4%) della lista satellite “Cambiare Caltanissetta”, costituita col contributo di Sel, Psi, Il Megafono.
Il terzo partito più votato è stato Forza Italia (3199 voti, 9%), gemellato a livello locale con il Ncd di Alfano (1914 voti, 5,4%), partiti che a livello nazionale si lanciano coltelli dal momento della recente traumatica scissione, dopo che per anni sono stati insieme nel Pdl, sotto l’egida del Berlusconi trionfante, portando avanti violente politiche di rapina sociale e inanellando una serie infinita di scandali, abusi, fenomeni di corruzione.
Sono stati eletti nel consiglio comunale nisseno personaggi reazionari incapaci di mettere due parole in fila una dietro l’altra (esilaranti gli interventi del forzista Aiello!), e altri che disconoscono il programma della propria coalizione, perché quello che importa, nel grande concorso al consiglio comunale, è prendere le poltroncine.
Gli attivisti del M5s, che alla vigilia puntavano almeno al ballottaggio, sono rimasti delusi dal risultato (2459 voti, 7%), un risultato peraltro in linea con una flessione abbastanza generalizzata del grillismo. Presentarsi populisticamente come “né destra né sinistra”, al fine di raccattare voti a destra e a manca, senza un programma di rottura col sistema, è una strada che non spunta e che è già fallita storicamente. Limitarsi a inveire contro la casta politica, limitarsi a dire che gli altri sono brutti e cattivi e che bisogna votare 5 stelle per “rivoluzionare” il sistema (“votate per voi”, per usare lo slogan grillino), continuando così ad alimentare illusioni nelle istituzioni e nella “democrazia” borghese, significa restare arenati nella palude e, quel che è peggio, contribuire all’impaludamento generale. Non presentando un programma di rottura col sistema capitalista, restando soffocato dal suo stesso analfabetismo politico, a cui spesso la presunzione aggiunge un’involontaria comicità, il M5s non è ovviamente in grado di alzare il livello di coscienza politica
delle persone, obiettivo assolutamente urgente e prioritario in questa fase (non è un caso se il M5s intercetta voti anche negli ambienti della destra razzista, ambienti con cui Grillo sembra oggi volersi imparentare a livello europeo).
Il valore dei “voti” nella democrazia borghese
Così come era prevedibile, il Pdac ha ottenuto a queste elezioni comunali un numero molto esiguo di voti. La percentuale dello 0,5% (140 voti alla lista, o qualcosa in più, da quanto sembra emergere dal riconteggio) è in media con le percentuali di voti ottenuti a qualsiasi tornata elettorale dalle forze che si presentano a sinistra di Rifondazione. A puro titolo di esempio, l’ultima volta che una forza a sinistra del Prc si è presentata a un’elezione a Caltanissetta, parliamo delle regionali del 2012, ottenne lo 0,2% e 190 voti in tutta la provincia.
Abbiamo spiegato diffusamente nel nostro programma elettorale come la “democrazia” nel quadro del sistema economico capitalista sia una menzogna, in quanto a vincere le elezioni “democratiche” sono le forze finanziate dai poteri forti, dalle banche, dalle grandi imprese, dalle mafie. Sappiamo infatti che le elezioni sono una farsa, che tante persone votano con la pistola puntata alla tempia e
sotto ricatto, vendendo il consenso ai propri carnefici, e che qualcun’altra vota i partiti di sistema per difendere eventuali privilegi.
Noi non promettiamo posti di lavoro, né diamo soldi in cambio del voto. Una piccola organizzazione antisistema, che non ottiene finanziamenti da nessuno (i poteri forti non pagano chi vuole abbatterli!), e che vive di quel po’ di autofinanziamento che può essere garantito dai suoi militanti (spesso precari, studenti, disoccupati, pensionati) non può certo competere elettoralmente
con partiti supportati da grossi finanziatori. Tantomeno se presenta un programma di rottura reale col sistema, un programma che difficilmente viene accettato dagli elettori, spesso irretiti dalla propaganda di regime e quindi portati, anche contro l’evidenza dei fatti, a credere ancora nella possibilità di cambiare il sistema attraverso le urne, e a votare dunque i partiti organici al sistema
che continuano a spargere tali illusioni. Parecchie persone ancora – questo è il risultato dell’indottrinamento operato dal sistema – tendono a considerare utopico il programma rivoluzionario, quando l’unica utopia, come abbiamo scritto nel nostro programma elettorale, è sperare in qualche governo “buono”, dato che tutti i governi, indipendentemente dal colore politico, fanno gli interessi delle classi dominanti. Con buona pace degli idolatri dell’esistente, risulta ormai ingenuo considerare utopico il programma rivoluzionario in una fase in cui le rivoluzioni si stanno materializzando in molti Paesi del mondo. E non crediamo che, sullo sfondo di una crisi che si incancrenisce sempre più a livello internazionale, le burocrazie politiche e sindacali (Cgil, Cisl, Uil) al servizio del padronato potranno mantenere a lungo la pace sociale e disinnescare il conflitto in Italia.
Per le suddette ragioni, è scontato che oggi una forza realmente rivoluzionaria abbia un consenso elettorale molto modesto. Così come è chiaro che i pochi voti ottenuti siano voti assolutamente puri, non inquinati da clientelismo e malaffare. E tanti voti, col cuore, li abbiamo ottenuti da quelle persone, ad esempio i migranti, che non possono votare, ma che riconoscono in noi l’unico soggetto politico credibile, l’unica forza che ha dimostrato in questi mesi di essere accanto a loro durante le lotte (come è capitato, solo per fare un esempio, quando un tentativo di sgombero operato dal sindaco Campisi al Pala Cannizzaro è stato sventato dai nostri militanti) e che continuerà a stare al loro fianco nei mesi a venire.
Tante persone ci hanno riconosciuto un’indubbia superiorità politica rispetto ai partiti di sistema (la nostra candidata sindaco, secondo opinione diffusa, è stata di gran lunga la più coerente e la più forte sul piano politico), ma ci hanno detto nel contempo che non potevano votarci perché avevano qualche amico o parente candidato in altra lista, o perché erano costretti a votare qualcun altro che garantiva loro un “aiuto” economico. Da comunisti comprendiamo che si tratta di un effetto perverso del sistema economico disumano in cui viviamo, per cui, a differenza di altre forzepolitiche, che si lamentano della diffusa ignoranza (quella altrui ovviamente, non la propria!) e nei fatti la alimentano sciorinando un becero moralismo, non possiamo condannare queste persone, e
riteniamo che simili malcostumi non potranno essere superati (al contrario di quanto pensano i grillini e le altre forze borghesi) affrontandoli meramente sul piano della “questione morale” e della “legalità borghese”, ma soltanto attraverso l’abbattimento del sistema economico capitalista, un sistema caratterizzato da una profonda diseguaglianza economica e sociale.
Il bilancio del Pdac
Come abbiamo detto e ripetuto in campagna elettorale, i rivoluzionari non chiedono voti ma piazze! Siamo convinti infatti che il cambiamento non passa dai palazzi, in quanto le “istituzioni democratiche” sono costruite ad hoc dai poteri forti per conservare il proprio dominio incontrastato sulle masse popolari, dando loro l’illusione di partecipare alla vita politica, e per evitare che il malcontento popolare possa esprimersi nella ribellione sociale. Come la storia insegna, il cambiamento passa dalla lotta radicale delle masse popolari. Una verità che tanti astensionisti, pur avendo compreso l’inutilità del voto, non riescono ancora a far propria, lasciandosi andare alla rassegnazione.
I nostri compagni del Pstu (sezione brasiliana della Lit-Quarta Internazionale), ad esempio, che nelle urne prendono lo 0,1%, in questi mesi sono alla testa di gigantesche mobilitazioni in tutto il Brasile, mobilitazioni con centinaia di migliaia di persone che sono arrivate a occupare i palazzi istituzionali e a fare arretrare i governi. Questo è il ruolo dei comunisti, e questo è quello che anche noi qui, sia pur in una situazione molto diversa dal punto di vista oggettivo (non siamo in una fase pre-rivoluzionaria come in Brasile) e soggettivo (il nostro Partito si trova ancora in una fase embrionale di sviluppo) ci proponiamo di fare.
A breve la crisi di sistema farà sentire ancora più pesantemente i suoi effetti, e la nuova amministrazione comunale, ovverosia il nuovo comitato d’affari locale, non potrà fare nulla per arginare il malcontento popolare. E nelle piazze ci saremo noi a ricordare ai politicanti le grandi promesse fatte in campagna elettorale. Perché quando le masse popolari perdono la pazienza ed esplodono, nelle piazze non trovano certo “civici” o grillini a promuovere le loro istanze, ma soltanto i comunisti, sempre disposti a lottare con loro, ed anche a scontrarsi con la repressione poliziesca, unico strumento che i politicanti al servizio dei poteri forti utilizzano in questi casi, al
fine di ristabilire il loro “ordine pubblico”.
Crediamo che ogni bilancio vada fatto in relazione agli obiettivi che ci si è posti. Alla luce di questa considerazione, riteniamo che a dolersi oggi debbano essere quei personaggi e quelle forze politiche che non hanno ottenuti seggi e poltrone nella misura sperata, obiettivo su cui hanno investito enormi risorse. Da parte nostra, invece, ci presentiamo alle elezioni non con finalità elettoraliste
(cioè per prendere poltrone), così come fanno tutti i partiti di sistema, inclusi sedicenti “comunisti” ormai al capolinea, ma per propagandare a platee più vaste il programma rivoluzionario, l’unico che potrà schiudere un futuro di progresso per l’umanità, e per guadagnare a quel programma nuovi militanti.
Sulla base di questo obiettivo, non possiamo che essere soddisfatti della nostra campagna elettorale, che ci ha consentito di avviare un’importante interlocuzione con tanti giovani, migranti, disoccupati, senza tetto, di far conoscere il nostro progetto a tante persone che prima non lo conoscevano, di guadagnare nuovi militanti e di ridare vigore a diversi compagni che si erano allontanati dalla politica delusi e amareggiati per i continui tradimenti subiti negli anni dalle burocrazie sindacali e politiche riformiste.
Le stesse che ci hanno boicottato durante la campagna elettorale, evidentemente infastidite dalla critica intransigente che abbiamo sempre mosso nei loro confronti per via delle fallimentari e disoneste politiche di collaborazione e compromesso coi poteri forti e i loro partiti di riferimento, politiche criminali che hanno contribuito a erodere la fiducia delle masse popolari nei confronti del
“comunismo”. Ci riferiamo ai superstiti delle sedicenti forze “comuniste” (in realtà riformiste), ormai alla canna del gas. L’ultimo tesserato del Pdci nisseno, ad esempio, alla vigilia del 25 maggio ha fatto nel suo blog una farneticante dichiarazione di voto per il M5s del comico reazionarioGrillo, pur senza avere il coraggio di citarlo e pur riconoscendone i caratteri “populisti”, mentre altri
soggetti della sinistra riformista e centrista – manifestando ancora una volta la propria pochezza – hanno fatto ricorso al più tipico espediente dei disonesti di ogni epoca: la denigrazione (rigorosamente in privato ovviamente, ond’evitare qualsiasi contraddittorio che li vedrebbe inesorabilmente perdenti).
Ci piacerebbe poter dire che esistono vie più facili per il cambiamento, magari dire, come fanno i grillini, che basta cambiare le facce nei palazzi per cambiare tutto. Ma non siamo comici prestati alla politica, bensì rivoluzionari, e per noi, si sa, la verità è rivoluzionaria. L’onestà intellettuale ci porta a dire chiaramente che non c’è altra via, dedichiamo la nostra vita all’attività politica antisistema per costruire quell’organizzazione rivoluzionaria internazionale che, al momento (crediamo non lontano) in cui esploderanno definitivamente le contraddizioni del sistema, sappia canalizzare la ribellione popolare verso la vittoria, cioè verso il socialismo.
La vita del militante rivoluzionario non è comoda e semplice, se ne è reso conto anche un compagno che, dopo esserci stato vicino per qualche mese, ha deciso recentemente di gettare la spugna e di provare a prendere più comode scorciatoie che in realtà non sono tali, poiché portano a risultati ben lontani da quelli perseguiti dai comunisti. Tuttavia, parallelamente a qualcuno che rinuncia (magari per dedicarsi unicamente all’attività “sindacale” con organizzazioni che firmano l’accordo di rappresentanza col padronato, nella convinzione che per combattere il nemico ti devi sedere al tavolo con lui!) ci sono parecchie persone che iniziano a comprendere la necessità di una reale militanza politica antisistema e del partito rivoluzionario.
E’ risaputo che le minoranze sono il motore della storia e che un militante rivoluzionario vale per dieci, dato che si tratta di una persona che dedica la propria vita alla battaglia contro il sistema: ben presto i nuovi occupanti di Palazzo del Carmine avranno ulteriore conferma di questa verità. Adesso la maggioranza dei votanti, che ha dato il proprio consenso ai partiti di sistema o ai “nuovi” rampanti, si andrà ad addormentare a casa per i prossimi anni, coerentemente con la dilagante sottocultura della delega contro cui noi rivoluzionari lottiamo quotidianamente. Noi comunisti, al contrario dei dormiglioni, continueremo con costanza e convinzione la nostra attività, anche e soprattutto in periodo non elettorale, per smascherare i futuri amministratori di questa città e per promuovere senza sosta la lotta degli ultimi. I politicanti arroccati nei palazzi non avranno vita facile.
Per quanto riguarda infine il ballottaggio del prossimo weekend fra Ruvolo e Giarratana, invitiamo i cittadini che ci hanno scelto al primo turno, ma anche tutti gli altri elettori, a non dare il proprio voto a nessuno dei due candidati. Nessuno dei due, infatti, presenta un programma di rottura col sistema, ma soltanto un programma di gestione dello stesso. Fra i due comitati d’affari che sgomitano per le poltrone, quello di centrodestra e quello di centrosinistra, non scegliere nessuno dei due: scegli di lottare assieme a noi contro i comitati d’affari!
Partito di Alternativa Comunista (Pdac) – Sezione di Caltanissetta