Ecomafia: 29.000 infrazioni in Sicilia, 3 l’ora; fatturato da 15 miliardi di euro

ecomafiaPALERMO  – Sono 29.274 le infrazioni accertate nel 2013 in Sicilia, piu’ di 80 al giorno, piu’ di 3 l’ora. In massima parte hanno riguardato il settore agroalimentare: ben il 25% del totale, con 9.540 reati, piu’ del doppio del 2012 quando erano 4.173. Il 22% delle infrazioni ha interessato invece la fauna, il 15% i rifiuti e il 14% il ciclo del cemento. E’ quanto emerge da Ecomafia 2014, il dossier di Legambiente che monitora e denuncia puntualmente la situazione della criminalita’ ambientale – dedicato quest’anno alla memoria di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e del sostituto commissario di polizia Roberto Mancini, recentemente scomparso per la malattia contratta proprio a causa delle indagini sui traffici dei rifiuti condotte tra Campania e Lazio – e’ stato presentato oggi a Roma.

Il fatturato, sempre altissimo nonostante la crisi, ha sfiorato i 15 miliardi di euro grazie al coinvolgimento di numerosi clan (ben 321) che per i loro traffici hanno potuto contare spesso sull’aiuto di funzionari e dipendenti pubblici consenzienti o decisamente disonesti che hanno semplificato iter e processi autorizzativi in cambio di sostanziose mazzette. E se l’aggressione ai beni comuni continua senza sosta e senza troppi scossoni, cambia la geografia degli ecocrimini, sempre piu’ insofferente ai confini territoriali e amministrativi (sia regionali che nazionali o internazionali), cosi’ come mutano le strategie criminali e i modus operandi. I rifiuti, ad esempio, non finiscono solo sotto terra, ma anche nei circuiti del riciclo in nero o del finto riciclo, i soldi incanalati nei circuiti finanziari internazionali. Ci troviamo quindi, di fronte ad una imprenditoria ecocriminale, caratterizzata da un vivace dinamismo, a cui fa da contraltare l’immobilismo della politica nazionale: nel nostro Paese vige ancora una legislazione a tutela dell’ambiente del tutto inadeguata, a carattere sostanzialmente contravvenzionale e basata su una vecchia impostazione che riconosce massimamente le ragioni dell’economia tralasciando i costi ambientali, sanitari e sociali.

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