CALTANISSETTA – Per il Tribunale del Riesame di Caltanissetta le modalità illecite di gestione dei lavori di bonifica del sito minerario dismesso di Pasquasia, affidati alla ditta 1 Emme soluzioni ambientali srl, erano “il normale modus operandi nella conduzione dei lavori”. Appare evidente, inoltre, ai giudici “l’esistenza del fine specifico di profitto (sia in termini di risparmio di costi che di guadagno illecito in virtù di operazioni non rientranti nella gestione ordinaria prevista, come l’asportazione fraudolenta del materiale ferroso) che ha ispirato l’intera operazione”. Con queste motivazioni, il Riesame ha rigettato il ricorso proposto dal Pasquale Gattuso, legale rappresentante della 1 Emme, che chiedeva il dissequestro del sito e delle somme in sequestro. Il sequestro, eseguito a marzo su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta, era stato preceduto da un’operazione analoga che aveva portato anche all’arresto di cinque persone trovate con una grossa quantità di rame e di altri rifiuti ferrosi rubati nel sito minerario.
Sequestrata pure una somma di denaro trovata all’interno di automezzi provenienti dal casertano sul quale si sarebbe dovuto trasportare il rame. Le ipotesi di reato per cui si procede vanno dal traffico illecito di rifiuti tossico nocivi all’associazione per delinquere finalizzata alla frode in pubbliche forniture ed a vari reati contro la pubblica amministrazione e la fede pubblica.
“E’ emerso – si legge nel pronunciamento del Riesame – che i rifiuti ferrosi e di amianto presenti all’interno del sito minerario venivano trattati con delle modalità di gestione che consentivano di configurare quella condizione di totale illegalità di conduzione del cantiere ipotizzata dal pm e convalidata dal gip”. In particolare, i giudici fanno riferimento alle verifiche a campione su cinque semirimorchi contenenti 106 tonnellate di cemento amianto prevale da Pasquasia. I tecnici dell’Arpa e del Noe dei carabinieri hanno analizzato un pacco di lastre per ogni semirimorchio constatando che la “superficie delle lastre non era stata preliminarmente trattata per rendere efficace il riferimento incapsulante; inoltre, la vernice incapsulante, necessaria al fine di evitare l’aerodispersione delle fibre di amianto, risultava non uniformemente distribuita”.
La prova, secondo il collegio, viene fornita dalle intercettazioni. In un dialogo del 22 gennaio scorso, il dipendente della 1 Emme, Giacomo Aranzulla, chiedeva al direttore tecnico Sergio Lo Faro perché l’incapsulante non venisse passato sia nella parte superiore che in quella inferiore delle lastre. Lo Faro rispose che questa procedura non veniva seguita per risparmiare. Il Riesame ha affrontato anche la gestione dei rifiuti ferrosi, avvalendosi delle dichiarazioni del coindagato Vicari, arrestato per furto di rame dalla miniera di Pasquasia. Vicari ha raccontato dell’accordo tra lui e un funzionario della Forestale, fatto l’estate scorsa, per la “depredazione del sito minerario”. Un altro accordo sarebbe stato fatto tra Vicari e Gattuso per la “sottofatturazione – scrive il Riesame – del ferro che veniva acquistati per un prezzo pari alla metà del valore effettivo”. Queste dichiarazioni evidenziano, secondo i giudici, “l’esistenza di un più ampio sistema di illegalità all’interno del sito con la consapevolezza e anzi per iniziativa dei referenti della società appaltatrice”.
Da più di vent’anni la miniera Pasquasia di Caltanissetta è un oggetto misterioso: inchieste e iniziative parlamentari tentano di stabilire cosa si nasconda nelle gallerie da dove una volta venivano estratti sali potassici apprezzati sui mercati mondiali. La miniera, gestita dalla società Italkali, è rimasta attiva fino al 1992. Poi è stata chiusa con pesanti riflessi occupazionali. “Costi troppo alti” la motivazione data alla decisione di cessare la produzione. Da allora è stato assegnato a Pasquasia il ruolo di un sito di smaltimento di rifiuti tossici. Ma nelle sue gallerie sarebbero finite, oltre che grandi quantità di amianto, anche scorie nucleari. La prima rivelazione su un uso del sito mai chiarito fino in fondo è venuta dal pentito Leonardo Messina. Come capocantiere della miniera era informato dello stoccaggio di materiale tossico e nucleare ma anche del grumo di interessi che sullo smaltimento dei rifiuti saldava una nuova alleanza tra mafia e camorra. Messina ne ha parlato con Paolo Borsellino poco prima che il magistrato fosse ucciso nell’attentato di via D’Amelio.
Il caso di Pasquasia è tornato alla ribalta tre anni dopo. Il deputato siciliano Giuseppe Scozzari, che partecipava a Washington a una conferenza sul trattamento del combustibile nucleare esausto, ha appreso che la miniera è uno dei siti europei in cui vengono smaltite le scorie. Una sua interrogazione parlamentare non ha ricevuto alcuna risposta.
Stesso risultato ha avuto, più tardi, un’altra interrogazione presentata dall’on. Enzo Fragalà, il legale ucciso a Palermo nel 2010 a colpi di spranga. Per capire cosa sia stato conferito a Pasquasia si è mosso anche l’assessore regionale all’ambiente del tempo, Ugo Maria Grimaldi. Dopo avere superato molti ostacoli Grimaldi è riuscito a ottenere il permesso di scendere nelle gallerie. Ha Raccontato poi di avere trovato pozzi e vasche coperte. Mistero sul materiale sotterrato. Solo dopo il rilevamento di emissioni radioattive superiori al normale e una scia di polemiche, è stato confermato che Pasquasia è stata scelta per lo stoccaggio di materiale radioattivo perché la sua riserva salina la rende impermeabile. Nel 2012 la Regione ha avviato un’operazione di bonifica. Ma lo smaltimento ha dato vita a un “ampio sistema di illegalità”.
Questo scrivono ora i giudici del riesame di Caltanissetta che hanno confermato il sequestro della miniera nell’ambito di un’indagine della Direzione distrettuale antimafia, condotta dal pm Giovanni Di Leo, che ha svelato un vasto traffico di rifiuti tossici e numerose irregolarità contabili. (Fonte ANSA)