– impianti petrolchimici e raffinerie (due impianti di distillazione atmosferica ed uno sottovuoto, due coking, un impianto per il cracking catalitico ed uno di alchilazione, solo per citarne alcuni), appartenenti all’Agip Petroli, Eni – divisione Agip -, Sviluppo Sardegna, Syndial e Polimeri Europa (entrambe ex Enichem);
– una centrale termoelettrica da 262 MW alimentata a petcoke, che alimenta gli impianti della raffineria;
– impianti chimici appartenenti alla ISAF e alla Polimeri Europa.
Tra le aree di competenza pubblica spiccano le discariche di rifiuti urbani, le aree marine, le foci dei corsi d’acqua del fiume Gela e dei torrenti Gattano e Acate. C’è poi anche l’area umida della Riserva del Lago Biviere tra le aree pubbliche che presentano maggiori criticità.
Il suolo e le acque di falda del Polo Petrolchimico sono le matrici che maggiormente hanno risentito dell’impatto di questi stabilimenti, poiché hanno sversato e messo in circolazione metalli pesanti (arsenico, selenio, mercurio, nichel, piombo, cadmio, ferro e manganese), idrocarburi aromatici, composti clorurati cancerogeni, ammoniaca, benzene, toluene e policlorobifenili (PCB). Non possono essere trascurate inoltre le contaminazioni dell’area marina costiera che, oltre allo sversamento delle acque di processo e di raffreddamento derivanti dalle lavorazioni del polo industriale, hanno manifestato anche la presenza di scarichi civili non depurati e reflui delle attività portuali; inoltre sul territorio insiste una discarica di fosfogessi tra le più grandi d’Europa.
Già nel dicembre del 1990 l’area era stata dichiarata ad alto rischio di crisi ambientale e con il decreto del presidente della Repubblica del 17 gennaio 1995 è stato approvato il Piano di disinquinamento per il risanamento ambientale e poi, come già detto, con la legge 426/98 Gela diventa uno dei primi quindici siti di interesse nazionale del Programma nazionale di bonifica. Il Piano di risanamento ambientale (un programma dall’iter molto tormentato tanto da non riuscire a spendere i soldi per oltre cinque anni) prevedeva un totale di 47 interventi, di cui 14 a carico delle aziende e 33 a carico dello Stato. Erano previsti, secondo il piano, interventi da parte dei privati: ammodernamenti e adeguamento di impianti alla legge 203/88, il mega-camino SNOx per l’abbattimento degli inquinanti dei fumi della centrale termoelettrica e qualche bonifica. Compresi nell’accordo anche gli interventi pubblici. In questo caso, più che alle bonifiche delle aree contaminate dalle attività industriali, si è puntato alla caratterizzazione e bonifica di un’ex discarica di rifiuti, alla realizzazione di fognature, al raddoppio di un depuratore di reflui e alla creazione di reti di rilevamento dell’inquinamento atmosferico.
Nel 2000 il Piano è stato commissariato e la sua realizzazione affidata al Prefetto di Caltanissetta. Oggi per il SIN di Gela, così come per gli altri siti da bonificare siciliani, c’è un Commissario straordinario, pur rimanendo in capo al Ministero dell’ambiente la titolarità dei procedimenti. Il commissario, nominato nel 2010 con un ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, è tuttora attivo ma non ha portato risultati molto efficaci, come si evince anche dalla relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti (XVI Legislatura). In quest’ultima, nelle considerazioni di sintesi del capitolo dedicato alla Sicilia, viene riportato testualmente: “l’esperienza siciliana in materia di bonifiche è la prova lampante dell’assoluta inettitudine delle strutture commissariali ad affrontare le problematiche connesse alla bonifica dei siti inquinati e, in generale, all’ambiente”.
A 15 anni dall’istituzione del SIN di Gela il territorio è infatti ben lontano dall’essere bonificato. Come risulta dai dati forniti dal Ministero dell’ambiente aggiornati a marzo 2013: il 48,9% delle aree risultano in stato di messa in sicurezza, a fronte del 98% di aree per cui è stato eseguito e reso noto il piano di caratterizzazione delle matrici ambientali; per quanto riguarda i progetti di bonifica risultano presentati ed approvati per il 53,4% delle aree del sito.
Un quadro più dettagliato viene fornito dalla stessa Commissione Parlamentare di Inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti (XVI Legislatura) con la relazione sulla bonifica dei siti inquinati di dicembre 2012. Nel corso degli anni sono state eseguite le caratterizzazioni ambientali dell’area marino costiera, della discarica di Idrocarburi di Biviere di Gela, della Discarica Cipolla (contrada Marabusca) e dei sedimenti dei Fiumi Gela e Dirillo, del torrente Gattano e del canale Valle Priolo:
– per l’area marino costiera le indagini di caratterizzazione della prima fase si sono svolte nei mesi di ottobre e novembre 2006, hanno avuto come obiettivo quello di monitorare i sedimenti marini e la matrice biota (attraverso analisi chimico fisiche), come previsto dal piano redatto dall’ex Icram (oggi Ispra). I risultati di tali indagini sono state trasmessi nel 2008 al Commissario Delegato per l’emergenza rifiuti ed alla procura della Repubblica (che fu tra le prime a sollecitare l’esecuzione delle indagini) ma sono ancora soggette al segreto istruttorio;
– per la discarica di Idrocarburi di Biviere di Gela sono state previste indagini geofisiche, indagini geotecniche e ambientali per sottoporre ad analisi di tipo chimico le matrici suolo e acque di falda. Tali indagini servono per la messa in sicurezza della discarica in oggetto ed il progetto relativo è stato redatto ed approvato nell’aprile del 2010. L’inizio dei lavori risale a novembre 2011 ma non si hanno ancora informazioni sui risultati, elemento indispensabile per pianificare la messa in sicurezza del sito;
– i lavori per la messa in sicurezza di emergenza della discarica Cipolla sono stati appaltati nel 2011 e non sono ancora terminati e validati;
– le indagini e le caratterizzazioni sui sedimenti e sui campioni d’acqua prelevati, volti alla determinazione del grado di contaminazione dei corpi idrici in questione, doveva terminare nel 2012 ma ad oggi non ci sono ancora notizie in merito ai risultati delle analisi.
Per quanto riguarda gli aspetti giudiziari legati alle attività svolte nel SIN di Gela, la procura della Repubblica di Gela ha fornito alla Commissione Parlamentare di Inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti (XVI Legislatura) informazioni in merito ad alcuni progetti di bonifica approvati: il “Progetto definitivo di bonifica e misure di sicurezza della VASCA A zona 2” e relative integrazioni e prescrizioni e il “Progetto definitivo di bonifica delle acque di falda dello stabilimento multisocietario di Gela”, entrambi a carico di Raffineria Gela SpA – Syndial SpA, che sono stati autorizzati tramite decreto ministeriale.
In merito a questi due progetti, nel corso dell’audizione alla Camera, è emerso che:
– Per il primo “sono state recentemente concluse le indagini preliminari con la contestazione di diverse ipotesi di reato inerenti violazioni del codice dell’ambiente e del codice penale per gravi fatti di inquinamento da sostanze pericolose classificate tossico–nocive causati da ingiustificati gravi ritardi nell’esecuzione dei lavori di bonifica e messa in sicurezza della vasca A zona 2 dell’area della vecchia discarica controllata dalla raffineria di Gela”.
– Per il secondo “sono in corso accertamenti relativi all’effettiva funzionalità delle misure adottate per la bonifica della falda acquifera, quali eventuali perduranti contaminazioni della falda da parte di serbatoi di stoccaggio della raffineria di Gela SpA ancora privi di doppio fondo ed in esercizio, nonché l’effettivo funzionamento delle barriere idrauliche e fisiche poste a protezione dell’ambiente marino, funzionamento di cui già in parte sono stati riscontrati punti critici nell’ambito degli accertamenti di cui al punto precedente”. Sempre tra i progetti approvati, il 4 agosto 2009 viene emesso un nuovo decreto ministeriale riguardante il “Progetto definitivo di bonifica per la messa in sicurezza permanente della Discarica Fosfogessi” presentata da Isaf SpA. Tale discarica ha visto stoccare i residui derivanti dalla produzione di fertilizzanti fosfatici, i fosfogessi per l’appunto, che derivano dalla lavorazione della fosforite, un minerale usato negli impianti chimici per la produzione di acido fosforico. La discarica di Gela si estende per 55 ha, in cui negli anni sono stati stoccati questi residui di lavorazione che contengono un basso grado di radioattività; lo spessore massimo di abbancamento ha raggiunto anche i 25 metri e, nonostante la discarica avesse una barriera idraulica per evitare la dispersione del percolato, il trattamento di questi materiali ha creato numerosi problemi tecnico normativi relativamente alla competenza e alla messa in sicurezza del sito. Dalla Relazione della Commissione Parlamentare di Inchiesta emerge che “sono in via di definizione gli accertamenti relativi all’inquinamento causato dal riversamento del percolato nelle aree adiacenti e circostanti alla discarica”. Risulta anche che sono stati terminati i lavori di capping (copertura del tetto della discarica con materiale idoneo) e sono stati potenziati gli impianti di trattamento del percolato.
Tra gli altri progetti approvati:
– il primo febbraio 2010 si autorizzano i lavori a carico di Raffineria Gela SpA secondo il Progetto operativo di bonifica dell’area Nuova Unità Recupero Zolfo 2 e relative integrazioni e prescrizioni da parte di APAT;
– il primo febbraio 2010 si autorizzano anche i lavori a carico di Raffineria Gela S.p.A. secondo il Progetto operativo di bonifica dell’area Steam reforming e relative integrazioni;
– il 15 febbraio 2010 si autorizzano i lavori a carico di Raffineria Gela SpA secondo il Progetto operativo di bonifica dei suoli ai sensi del d.lgs. 152/06. Area nuovi serbatori S-111 ed S-112 e relative integrazioni e prescrizioni da parte di APAT;
– per questi ultimi tre progetti è in corso da parte della magistratura una serie di controlli ed attento monitoraggio “sulla corretta applicazione delle prescrizioni imposte con i relativi decreti di approvazione”.
Oltre agli aspetti ambientali, tra le preoccupazioni principali inerenti l’area di Gela ci sono sicuramente gli aspetti sanitari: gli enormi ritardi nell’eseguire una reale bonifica del territorio ha gravemente compromesso la situazione, come emerso anche dallo studio Sentieri, che ha evidenziato un eccesso di tumori polmonari, dello stomaco e della pleura. Finché non si provvederà a bonificare l’area e fermare le cause che la inquinano, la situazione non potrà che peggiorare. E proprio sulle attività di bonifica bisogna fare alcune considerazioni: il gruppo Eni per anni ha condotto nel sito di Gela una politica di dismissione degli impianti portandoli a fine vita, rinunciando non solo ad investire in miglioramento della produttività e delle performance ambientali ma anche ad una manutenzione ordinaria preventiva per la sicurezza degli impianti. Infatti per anni gli impianti vengono sottoposti alla sola manutenzione straordinaria, con conseguente aumento degli incidenti accaduti. Recentemente si è registrata un’inversione di tendenza, l’Eni infatti ha annunciato rilevanti investimenti per il risanamento e lo sviluppo dei suoi impianti. Poco tempo fa è stato inaugurato il deposito coperto pet-coke, grazie soprattutto all’attivismo della Procura della Repubblica di Gela, che ha “forzato” l’avvio di diversi interventi volti alla bonifica. Fermo restando la contrarietà della nostra associazione sulla scelta della centrale termoelettrica alimentata con pet-coke (alla base del sequestro del 2003 che fu superato con un intervento normativo dell’allora Governo Berlusconi con il pessimo decreto che trasformò il pet-coke da rifiuto a combustibile), preferendogli soluzioni alternative e progetti più evoluti e meno impattanti, come quello della degassificazione o del CTL (coal to liquid), guardiamo comunque con favore agli investimenti volti alla bonifica ed al miglioramento degli impatti, purché siano reali e non solo fogli di carta.
LEGAMBIENTE SICILIA