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Il Fatto Globale: “Credito all’etica”

Robin Hood

Il Fatto Globale: “Credito all’etica”

Lun, 24/03/2014 - 14:43

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la-corruzioneI segnali della ripresa non mancano ma l’economia globale stenta a decollare. A bloccarla sono diversi fattori: il capitalismo nordamericano vecchia maniera, ormai morente, con le sue pretese di dominio in mano a una o due nazioni, il liberismo sfrenato conseguito in Russia alla caduta del comunismo, e il neo populismo nazionalista – e per certi versi nichilista – che con concetti come la “decrescita felice” e il no alla moneta unica europea annichilisce il suo pur rivoluzionario orizzonte politico, sociale ed economico.

Ma il peggior nemico è la corruzione, talmente pernicioso da bloccare di recente perfino il travolgente sviluppo della Cina. Un fenomeno globale, che con l’assurda e immorale pretesa di chi esercita anche un minimo di potere politico di taglieggiare come e peggio della criminalità organizzata il tessuto economico, senza risparmiare nessuno: dal piccolo commerciante e lavoratore autonomo fino alle banche, agli industriali, ai grandi proprietari e ai magnati della finanza.
Ed è stata proprio la corruzione ad aver esasperato numerosi popoli spingendoli alla ribellione, un numero che cresce di mese in mese ormai: dalle primavere arabe al Brasile, dal Venezuela alla Turchia all’Egitto, alla Bosnia-Erzegovina (dove i ceppi etnici slavi e musulmani prima in guerra fra loro protestano insieme), all’Ucraina fino ai Forconi italiani. Movimenti spesso appoggiati se non alimentati anche da ricchi di ogni specie, banchieri compresi, stufi di veder sparire il loro denaro nel gorgo di menzogne e burocrazia della politica.

Allora IlFattoGlobale ha provato a fare un esperimento. Grazie al sostegno finanziario di alcuni filantropi e banchieri internazionali di ogni estrazione religiosa, che hanno fiducia in quanto abbiamo finora raccontato e proposto, i quali hanno messo a disposizione 2,5 miliardi di euro, proveremo a ribaltare lo stile corrente della finanza mondiale, filtrata, per non dire ormai occupata manu militari, dalla politica. Quel metodo, che procedendo per bolle speculative, crisi e guerre ha segnato l’umanità almeno dalla rivoluzione industriale a oggi. Provare dunque a spodestare il metodo della “costruzione del nemico” con quello della “costruzione dell’amico” introdotto dalla rivoluzione informatica e su cui si basano le relazioni umane nel mondo digitale dei social network.
Del resto si sa, sono i soldi che fanno girare il mondo. E se si vuole invertire il senso o innescare un cambiamento bisogna utilizzare quegli stessi denari che il mondo lo hanno rovinato, non chiudersi a riccio e annichilirsi dentro una prospettiva pauperistica e nell’odio di classe.
Il primo investimento è presto detto. Conclusa la rivoluzione di popolo in Ucraina con la cacciata del presidente filo-russo Yanukovich (che poi si è scoperto aver truffato per decine di miliardi di dollari anche i russi), sono stati messi a disposizione del governo provvisorio 500 milioni di euro a un tasso agevolato mai visto (5% su base annuale), con rimborsi semestrali e tranche di finanziamento annuali. Ma più che le condizioni conta il senso dell’investimento, che non punta più a incatenare la politica di una nazione spingendola a schiavizzare fiscalmente e finanziariamente il popolo, bensì a far leva sulla capacità di riscatto e affrancamento di quel popolo (peraltro appena dimostrate). E quindi su valori come la libertà e principi etici come il rispetto.
Pochi giorni dopo però la Russia ha occupato la regione autonoma ucraina della Crimea. Un atto vecchio stile insomma. E oltre che anacronistico, insensato e antieconomico. Il primo giorno di occupazione infatti la Borsa di Mosca, da anni una delle più brillanti al mondo, ha perso quasi 11 punti percentuali, con perdite ancora più pesanti, fin oltre il 20%, sui titoli dei singoli settori merceologici. Immediata la risposta dell’Occidente, che insieme alla diplomazie e alle minacce militari e di ritorsioni economiche ha proposto finanziamenti all’Ucraina. Un pò tirata l’America a dire il vero, solo un miliardo di dollari. Molto più generosa è stato la proposta del Commissario europeo Barroso di prestare agli ucraini 11 miliardi euro. Mentre intanto i denari sottratti da Yanukovich al suo popolo e ai russi, ben 30 miliardi di euro, sono stati congelati dalle autorità di Svizzera, Liechtenstein e Austria dove si trovano depositati.

La questione quindi non è né etnica né militare ma esclusivamente economica. E minacciare guerra mette a rischio anzitutto il business.
Il secondo finanziamento è stato in realtà una donazione a fondo perduto, 100 mila euro, tanti ne ha bisogno, al Museo di Arte Islamica della capitale egiziana Il Cairo, vittima di un attentato dinamitardo nei giorni delle contestazioni e degli scontri di piazza, ancora peraltro non placati. Anche qui dunque, nella confusione e violenza della politica, si è voluto sostenere la memoria storica e artistica di un popolo antico come quello egiziano, premiando la cultura diffusa e non l’interesse di parte. Come è nei programmi di questo esperimento di investire in Iran, assecondando il nuovo corso di apertura al mondo del Paese per iniziativa del presidente Hassan Rouhani. Per una cifra non inferiore ai 500 milioni di euro e nei settori che concordemente saranno ritenuti meritevoli di investimento, nucleare compreso.
Un ulteriore finanziamento, infine, è previsto in Italia. Ed ha a che fare con la pulizia delle Terre dei Fuochi e lo smaltimento delle sostanze tossiche lì sotterrate in nome del più spregevole degli affari politico-mafiosi della storia d’Italia, caratterizzato dal disprezzo per la propria terra e financo per la propria stessa salute.
Il progetto vuole sostenere la nascita in quei territori di imprese specializzate nella localizzazione, rimozione e smaltimento in sicurezza degli inquinanti. Imprese da affidare alle donne degli stessi uomini che quel disastro hanno creato. Donne di camorra, di mafia, perché no, in modo che possano dare lavoro regolarmente, produrre profitti e pagare le tasse. Rifacendosi anche una reputazione.
Ma torna prepotente allora il tema della burocrazia, degli ostacoli al diritto costituzionale alla libera impresa edificati dalla partitocrazia. La stessa che in nome della lotta alla mafia, che poi si è scoperto essere solo in minima parte responsabile del sacco d’Italia, ha fatto scempio e deserto del tessuto economico-sociale soprattutto del Sud. Noi vogliamo ribaltare questo schema dando fiducia a chi non ne ha mai ricevuta. E voi?