ROMA – “Il documento della dirigenza dello stabilimento Eni di Gela con cui viene stigmatizzata l’iniziativa parlamentare da me promossa per sollecitare iniziative di rilancio e di prevenzione relative al petrolchimico è del tutto pretestuoso”. Così in una nota il deputato di Nuovo Centrodestra Alessandro Pagano.
“Agli autori del documento – prosegue – occorre chiedere anzitutto cosa dovrebbe fare un deputato del territorio, di fronte ad una situazione potenzialmente ad alto rischio per la salute dei cittadini e l’economia della nostra provincia, se non intervenire in tutte le sedi e con tutti i mezzi disponibili. E’ evidente che questi, avendo preferito la soluzione di stare con le mani in mano, stanno dimostrando di avere il ‘carbone bagnato’. Ricordo che questo è il secondo incidente in soli nove mesi, dato che a giugno dell’anno scorso ci fu il noto ‘sversamento’ in mare. Di fronte a tutto questo, – sottolinea Pagano – la politica non può rimanere inerte”.
“Strumentalizzare la mia interrogazione – aggiunge – alludendo che l’intervento della magistratura sarebbe scaturito in seguito alla sua presentazione è del tutto fuorviante. E’ vero il contrario! La mia interrogazione è posteriore all’intervento della Procura di Gela, la quale, come da prassi e come sempre avvenuto in passato, ha aperto un fascicolo d’indagine per accertare le eventuali responsabilità dell’incidente. Come si vede, dunque, è prassi consolidata che la magistratura intervenga dinanzi a questo genere di fattispecie. Quanto al sequestro dell’area oggetto dell’incendio disposto dalla Procura, anche questa misura rientra nella prassi. Non fu così anche in altri casi precedenti?”.
“La scia di incidenti che ha costellato la vita dello stabilimento gelese, insieme alle ingenti perdite registrate in questi anni – perdite che secondo fonti autorevoli si aggirerebbero quest’anno intorno ai 200 milioni di euro – confermano inequivocabilmente gli errori gestionali commessi sino ad oggi e la necessità di un cambio di passo. Con queste forti perdite e senza un nuovo piano industriale che consenta di recuperare competitività e innovazione, è inevitabile che i vertici nazionali Eni finiscano per considerare Gela un costo non più sopportabile anziché una risorsa. Ed è grave che la dirigenza di Gela, anziché adoperarsi per cambiare questo stato di cose, sollevi un polverone per nascondere le proprie responsabilità imputandole ad altri, nel caso specifico al sottoscritto, il quale, come testimonia la mia storia politica, si è sempre battuto contro l’ambientalismo militante e demagogico. Le responsabilità del declino di quello che doveva essere il vanto della raffinazione, non solo nel Mezzogiorno ma in tutta Italia, sono da ricercarsi in casa e non fuori”, conclude.