Uno degli uomini politici nisseni più in vista nei primi decenni del ‘900 fu sicuramente l’avv. Agostino Lo Piano Pomar.
Nato a Caltanissetta nel 1871, figlio di un ingegnere, iniziò prestissimo ad occuparsi di politica, contribuendo in maniera determinante a fondare, nella sua città, il Fascio dei lavoratori, che presto vide la massiccia adesione di minatori e contadini; e che la sanguinosa reazione Crispina, nel gennaio 1894, annientò con la proclamazione dello stato d’assedio.
Conclusasi l’esperienza dei Fasci, Lo Piano continuò il suo impegno attraverso una costante collaborazione con giornali locali di orientamento democratico (L’Avvenire, La Plebe, Il Rinnovamento, La Fiaccola, La Riscossa ecc.); ma anche attraverso la sua professione di avvocato, sempre vicino alle maestranze nei conflitti con il padronato.
Dal suo impegno socialista riformista, maturò l’esperienza della fondazione, nel 1905, della Camera del lavoro di Caltanissetta, che fondò con Calogero Paolillo.
In quella stessa fase maturò l’esperienza amministrativa negli enti locali. Consigliere comunale della sua città dal 1907 e poi prosindaco dal 1920, fu anche consigliere provinciale, cercando di portare avanti, in quelle esperienze, quel “socialismo municipalista”, che i suoi compagni di partito De Felice Giuffrida a Catania e Garibaldi Bosco a Palermo erano riusciti, in parte, ad attuare. Ma, nel contempo aveva continuato ad occupandosi, nel suo impegno nel territorio, di problemi legati all’economia, allo sviluppo, al cooperativismo, all’industria zolfifera.
Presentatosi alle elezioni politiche del 1911, per il collegio di Caltanissetta, tentava con quella sua candidatura di ostacolare l’ancora forte legame tra aristocrazia latifondista, notabilato e chiesa, il cui massimo esponente nel capoluogo era il più volte deputato Ignazio Testasecca, da quale veniva però battuto.
Ciò nonostante, il suo costante impegno in tutta la provincia, gli facevano guadagnare via via una forte base elettore, specialmente tra zolfatari e contadini, che gli avrebbero fatto conquistare il seggio parlamentare nel 1914.
Il prestigio ed il sostegno che gli veniva da molte realtà del nisseno deriva, come ricordato, dalle sue lunghe battaglie a fianco dei lavoratori, che più volte aveva difeso, anche nella qualità di avvocato; specie in controversie con proprietari ed esercenti di miniere.
Tra i problemi del collegio Lo Piano poneva, tra le sue priorità di parlamentare: la costruzione delle linee ferrate secondarie e l’attenzione alle miniere di zolfo del nisseno, e tra queste la Trabonella, fonte di sostentamento per migliaia di famiglie di Caltanissetta. In quel quadro, importante – riteneva fosse – lo strumento di un consorzio zolfifero, per fronteggiare eventuali crisi del comparto, che avrebbero potuto buttare sul lastrico intere popolazioni.
Famosi, negli atti parlamentari, rimangono i sui discorsi contro l’indebito arricchimento dei proprietari delle miniere a danno degli zolfatari, così come le sue prese di posizioni a favore degli agricoltori siciliani, che culmineranno, nel 1920, in una proposta di legge di cui il Lo Piano fu firmatario.
Nel corso della sua attività di deputato si batté per numerose leggi in materie di sviluppo industriale e per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori. E proprio in qualità di componente della commissione parlamentare sul lavoro presentò, assieme ed altri, una proposta di legge sul regime del sottosuolo e delle miniere in Sicilia. Altre iniziative riguardarono questioni relative alla riforma agraria nell’isola e alla concessione delle terre incolte ai contadini.
Tra i banchi del parlamento, il politico nisseno, sedette per ben tre legislature, ricoprendo anche gli incarichi di sottosegretario all’industria e commercio nel secondo governo Nitti (1920) e alla pubblica istruzione nei due gabinetti Facta (1922).
Memorabile rimane, nell’agosto 1922, la visita ufficiale, in qualità di membro del governo, nella sua città. Lo Piano, in quei mesi, viveva l’apice della sua carriera politica.
Appena due anni dopo, nelle elezioni politiche del 1924, sarebbe però arrivato il suo declino, frutto della sconfitta dei Demosociali. La nuova legge elettorale Acerbo, che aveva introdotto le circoscrizioni su base regionale, rompeva i vecchi equilibri politici locali e apriva la strada agli esponenti emergenti del nazionalismo e del fascismo.
Ritiratosi dalla scena politica, si iscriveva, nel 1926, al Partito nazionale fascista, seppur su posizioni prudenti, illuso forse che la violenza del regime sarebbe rientrata presto nell’alveo della democrazia. Questo errore di valutazione (che a dire il vero molti fecero), però non macchia la sua storia fatta di tante battaglie per il rafforzarono del movimento dei lavoratori nel nisseno ed in Sicilia.
Morì in povertà nel 1927.