Confrontando, invece, aperture e cessazioni dal 2007 al 2013, si sono “perse” circa 30.000 imprese, di cui circa 15 mila solo nei primi 9 mesi del 2013. Si rafforza una netta divaricazione nei risultati d’impresa: quelle che ce la fanno, e si rafforzano anche durante la crisi, sono imprese di media dimensione, che vedono crescere il proprio fatturato (+8,2%), cosi’ come le grandi imprese (escluse le raffinerie), che lo accrescono seppur di poco; in flessione, invece, il fatturato delle piccole imprese, con un calo del 9,3% tra il 2007 ed il 2012. Per le une e per le altre le dinamiche creditizie restano negative: gli impieghi nel Mezzogiorno continuano a scendere (9,3 miliardi di euro in meno rispetto al 2012), mentre i crediti in sofferenza hanno superato i 31 miliardi di euro, cioe’ l’11,1% del totale. L’andamento dell’export spiega una parte importante di questi risultati differenziati. Le esportazioni del Mezzogiorno si sono ridotte, nel III trimestre 2013, del 9,4% rispetto al III semestre 2012: si tratta di risultati fortemente condizionati dal calo della siderurgia e degli idrocarburi, mentre segnali positivi fanno registrare i prodotti alimentari, quelli chimici e soprattutto le esportazioni dei distretti produttivi meridionali (+11,5% nel II trimestre 2013), in particolare in Puglia, Sicilia e Campania. Cresce il numero di imprese che mettono in atto comportamenti proattivi per opporsi alla crisi: in controtendenza rispetto alla riduzione del numero assoluto di imprese nel 2013, si consolida il numero delle societa’ di capitali (+3,2%) e raddoppia in soli 6 mesi il numero di imprese meridionali aderenti a contratti di rete. Il clima di fiducia delle imprese manifatturiere meridionali, pur restando il piu’ basso tra le 4 macro aree, continua il suo lento miglioramento, tornando ai livelli dell’estate 2011. Se alcuni segnali, dunque, indicano che la caduta imposta dalla crisi inizia a rallentare, non si arresta il calo degli occupati. A fine 2013, si stimano infatti oltre 600 mila occupati in meno rispetto al 2007; questo numero e’ quasi raddoppiato nell’ultimo anno. La disoccupazione ha raggiunto il 19,8%, quella giovanile interessa ormai un giovane su due. Se i timidi segnali di crescita che si iniziano ad osservare a fine 2013 verranno confermati, il vero pericolo e’ che si possa produrre nel 2014 una debole “ripresa senza occupazione”, in cui i posti di lavoro creati non sono sufficienti a compensare quelli perduti per effetto della ristrutturazione in atto. Cio’ rende urgente un cambio di passo nel generale orientamento delle politiche economiche del Paese e, in particolare, delle politiche di sviluppo per il Mezzogiorno. Da un lato e’ necessario intervenire con urgenza per realizzare alcune delle riforme strutturali: la drastica riduzione del cuneo fiscale, il taglio strutturale della bolletta energetica, lo smaltimento completo dello stock di debiti accumulati dalla P.A. nei confronti delle imprese. Dall’altro, con particolare riferimento al Mezzogiorno, e’ fondamentale il ruolo che possono svolgere le Politiche di Sviluppo, sia nel breve, sia nel lungo periodo: la loro azione e’ decisiva per una economia fortemente dipendente dall’azione pubblica come quella meridionale.