GELA – Stamani la Polizia di Stato, a Gela, ha proceduto ad un importante sequestro di beni a carico del capo della consorteria mafiosa denominata gruppo Alferi.
La Squadra Mobile, in esecuzione al decreto di sequestro, emesso in data 18.11.2013 dal Tribunale di Caltanissetta Sezione Misure di Prevenzione, propedeutico alla confisca, ex Codice Antimafia, ha posto sotto sequestro beni immobili e mobili siti nella città del golfo, riconducibili direttamente e indirettamente a ALFERI Giuseppe, gelese di 50 anni, attualmente detenuto presso la Casa circondariale di Viterbo, al regime detentivo ex art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario, di seguito elencati: terreno sito in Gela (CL), c/da Valle Monacella, della consistenza di 3 ettari 17 are 70 centiare; fabbricato rurale sito a Gela, in c.da Valle Monacella, della consistenza di 78 centiare; fabbricato sito in Gela (CL), via Socrate nr. 5, piani T/1/2/3/4; terreno sito in Gela (CL), c.da Albani di Roccella, della consistenza di 2 are e 89 centiare; terreno sito in Gela, c.da Albani di Roccella, della consistenza di 1 are e 6 centiare; terreno sito in Gela (CL), c.da Albani di Roccella, della consistenza di 60 are e 95 centiare; autovettura Mercedes Classe A; autovettura Mitsubishi Pajero 2.5 td; autocarro Iveco; autocarro Iveco.
Le indagini patrimoniali che hanno fatto scaturire il sequestro in argomento sono state effettuate dalla Squadra Mobile Sezione Criminalità Organizzata di Caltanissetta, su delega della Procura della Repubblica Direzione Distrettuale Antimafia presso il Tribunale di Caltanissetta, per l’applicazione della misura di prevenzione personale e patrimoniale nei confronti del nominato ALFERI Giuseppe, pluripregiudicato per delitti contro il patrimonio e associazione a delinquere di stampo mafioso.
L’uomo, già condannato nel 2007 alla pena di anni due di reclusione e stato anche destinatario di ordinanza di custodia cautelare in carcere nel gennaio del 2013, per l’operazione denominata INFERIS, unitamente ad altre ventisette persone, poichè responsabile del delitto di cui allart. 416 bis c.p., con l’aggravante di essere stato il promotore, il costituente e di avere diretto la medesima associazione di tipo mafioso denominata appunto GRUPPO ALFERI.
Le indagini patrimoniali esperite da personale di questa Squadra Mobile hanno dimostrato una evidente sproporzione tra il reddito dichiarato ed il valore dei beni direttamente e indirettamente riconducibili allALFERI, il cui valore ammonta a circa 800.000 euro.
Si ricorda brevemente che i sodali del gruppo Alferi erano stati accusati, quali partecipi di un’associazione delinquenziale denominabile gruppo Alferi, da qualificare di tipo mafioso, perché i suoi appartenenti si avvalevano della forza intimidatrice del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà da esso derivanti per commettere delitti di ogni genere e, principalmente estorsioni, furti, danneggiamenti col fuoco, usura, occupazione abusiva di immobili ed altri ancora.
Il sodalizio mafioso, dall’anno 2005, si avvaleva della notevole caratura criminale di ALFERI Giuseppe che lo promuoveva e lo costituiva fin dai primi anni novanta, col generico progetto di commettere una serie indiscriminata e indeterminata di delitti contro il patrimonio e i sodali realizzandoli in gruppo e con cadenza quasi quotidiana, così facendo assumere all’associazione le connotazioni di tipo mafioso, anche grazie alla notevole capacità criminale del suo leader di coinvolgere nell’organizzazione molti affiliati, e di contrastare in tal modo militarmente le altre consorterie mafiose storicamente presenti a Gela, cosa nostra e stidda.
In particolare dalle indagini era emerso che il suddetto sodalizio mafioso era autonomo ma contiguo a cosa nostra gelese e dedito alla commissioni di innumerevoli estorsioni, alla gestione di un vasto giro di usura, alla ricettazione, all’imposizione del prezzo della frutta (in particolare delle angurie nel periodo estivo) con illecita concorrenza, violenza e minaccia, all’imposizione della raccolta di materiali ferrosi di vario tipo ai danni di commercianti ed artigiani con attività insistenti nella città di Gela, all’occupazione abusiva (ed alla successiva vendita) di case popolari dello IACP (Istituto autonomo case popolari).
L’organizzazione criminale mafiosa oggetto di indagine si contraddistingueva per la ferocia e la violenza dei suoi metodi di azione, realizzando attentati, minacce ed intimidazioni; inoltre la consorteria criminale mafiosa metteva in atto sul territorio gelese un sistema selvaggio di depredazione delle risorse del territorio in cui operava, essendo organizzata con delle vere e proprie squadre di sodali che realizzavano innumerevoli furti in abitazione, furti in poderi di campagna, alla ricerca di ferro, rame, alluminio, altro materiale; furti di autovetture, furgoni, mezzi dopera e contestuale restituzione degli stessi con il c.d. metodo del cavallo di ritorno (chiedendo cioè un somma estorsiva per la restituzione del maltolto) estorsioni, raccolta del ferro presso officine con un sistema impositivo mafioso, imposizione del prezzo e della vendita di angurie, attività usuraria, occupazione delle case popolari e conseguente richiesta di denaro agli occupanti allocati abusivamente.
L’associazione mafiosa risultava essere inoltre armata e i suoi affiliati non disdegnavano di intimidire, con azioni eclatanti a colpi di arma da fuoco contro saracinesche e portoni di abitazioni, quelle attività commerciali o imprenditoriali che si rifiutavano di aderire alle loro richieste impositive estorsive.