Il Fatto Nisseno ha incontrato Tonino Gagliano ed ha cercato di capire il perchè del suo impegno politico ed il perchè della sua candidatura.
Avvocato Gagliano, da quanto tempo fa politica?
Faccio politica dal 1977, nel 1978 ho fatto il primo comizio, nella piazza Umberto di Gela, per la democrazia cristiana, non ero ancora maggiorenne e ricordo che il sen. Giovanni Cassarino, che allora era il segretario comunale della d.c., dovette firmare una dichiarazione in commissariato in cui si assumeva lui le responsabilità qualora io avessi offeso o ingiuriato taluno … All’epoca ero segretario del movimento giovanile della d.c., ero stato da poco eletto nel distretto scolastico in rappresentanza degli studenti del liceo classico Eschilo e nella lista organizzata dall’azione cattolica.
Perchè ha accettato di candidarsi e perchè sotto le insegne dell’Udc?
Perchè mi sono sempre battuto per un centro politico autonomo dai due poli, perchè credo che in politica serva uno spazio di mediazione, un’impronta di moderazione che isoli gli estremismi, che parli il linguaggio della veritá e rifugga da populismi e demagogie. Perchè l’Udc si muove nel solco sturziano del partito di programma, non ideologico, che sappia tradurre in proposte ed azioni concrete sul piano politico e del governo, e nel laico confronto con le altre forze politiche, i valori che promanano dall’ispirazione cristiana.
Lei è di Gela. Considera Caltanissetta una città in qualche modo lontana dal centro dei suoi interessi personali e politici?
Nella città di Caltanissetta, da qualche decennio, mi reco almeno per due o più spesso tre volte per settimana in ragione della mia professione di avvocato. Spesso ivi mi trattengo, da tempo vi tengo un domicilio professionale, ho tantissimi fraterni e vecchi amici con i quali ho condiviso e condivido tante vicende politiche e professionale, vi ha lavorato mio padre per quasi due anni, miei zii quivi avevano delle attivitá economiche di rilievo, quivi ho vissuto anche le mie più belle affermazioni professionali. È quindi molto vicina ai miei interessi professionali e relazionali.
Se dovesse andare a Montecitorio, quale attenzione riserverebbe a Caltanissetta città e al territorio della provincia nissena?
Quali sono secondo lei i problemi più impellenti del centro Sicilia?
Bisogna rilanciare l’idea, degli anni ottanta, che mirava allo sviluppo di Caltanissetta quale cittá dei servizi, sfruttando la sua posizione geografica assolutamente centrale nella nostra isola ed il fatto che, dopo il raddoppio della Caltanissetta-Agrigento, il ripristino della superstrada veloce per Gela, il facile accesso all’autostrada ct/pa, essa gode di un sistema viario extra urbano di assoluto rilievo. Così va rilanciato il cepfas, anche grazie a nuove norme legislative che portino al centro della politica nazionale il tema della formazione professionale specie di eccellenza, il polo sanitario attorno al Sant’Elia e, sopratutto, a mio avviso, ed essendo da sempre convinto che il vero cuore dell’economia siciliana è rappresentato dalla agricoltura di alta qualità, va avviato un polo di scambio, non solo di prodotti ma anche di esperienze e conoscenze, delle produzioni agricole cui le terre del nostro centro Sicilia sono naturalmente vocate ed in cui si ottengono risultati ottimali dal punto di vista organolettico e qualitativo (penso alle lenticchie di Villalba, alla frutta di Delia, alle uve di Vallelunga o Serradifalco o Riesi, alle mandorle di Mazzarino e Butera, cosí come alle olive ed all’olio, ai prodotti caseari ed a tanto altro ancora.
So bene che per far fiorire un polo di commercializzazione, così come di altri servizi specie nello studio e nella sperimentazione ad esso connesse, dei prodotti agricoli di qualità costituisce una precondizione quella di determinare condizioni di mercato favorevoli alle produzioni agricole del territorio e siciliane in genere che, oggi, soffrono la “concorrenza sleale” portata da produzioni di importazioni che sfruttano i bassissimi costi di manodopera, l’assenza di qualsiasi forma di tutela per gli addetti e, sopratutto, la possibilitá di utilizzare diserbanti, fertilizzanti, disinfettanti assolutamente nocivi per la salute dei consumatori (oltre che dei lavoratori impiegati) di cui in Italia l’uso è rigorosamente vietato da molti decenni ma a cui, invece, costando pochissimo, continuano a far massicciamente ricorso proprio quei paesi da cui provengono quelle importazioni.
È una tematica che mi è spesso capitato di affrontare, anche per ragioni professionali, occupandomi dei produttori di ortaggi delle serre gelesi, niscemesi e licatesi e che è però comune anche alle produzioni della parte nord della provincia così come del resto della Sicilia.
Non penso certo a ripristinare robusti dazi doganali, retaggio dei secoli trascorsi, ma penso proprio a quello che hanno sempre fatto e continuano a fare gli americani, quegli Stati Uniti che rappresentano al contempo l’Economia più sviluppata e più aperta del mondo e che però, alle sue frontiere, impone controlli sanitari rigorosissimi a tutti i prodotti alimentari di importazione, impedendone l’ingresso nel territorio qualora non si accerti che rispondano ai più selettivi standards qualitativi: in tal modo gli Usa sono riusciti al contempo a proteggere la salute dei cittadini e sopratutto la economicità della loro agricoltura che, ancora oggi, è una delle piú forti e sviluppate del mondo. La stessa politica di seri controlli deve necessariamente esser fatta in Italia ed il Parlamento, con la sua possibilità di adottare sane riforme, avrà nella prossima legislatura un ruolo fondamentale e proprio in questi processi di riforma, specie su queste materie, io credo di riuscire, se eletto e se non altro per la passione che metterò su queste problematiche avendo da sempre condiviso per ragioni professionali le tribolazioni di tantissimi imprenditori agricoli e coltivatori diretti, a poter essere incisivo nell’interesse dei nostri territori.
Da avvocato, cosa pensa del mondo della giustizia in generale e con riferimento alla Sicilia in particolare?
La nostra Corte di Appello, cosí come i Tribunali di Caltanissetta e Gela, sono presidi giudiziari tra i più efficienti d’Italia ed hanno avuto un ruolo fondamentale nella lotta alla criminalità comune ed organizzata. Devono essere rafforzati, quanto a organici e donazioni, perchè il livello di allerta non va mai abbassato e perché va garantita una più celere risposta alla domanda di giustizia dei cittadini anche le settore civile, mi preoccupa al riguardo la proposta ministeriale di ridurre di ben sei unità a Caltanissetta e tre a Gela l’organico dei giudici cosí come di altre diverse unitá degli uffici della procura. Faremo di tutto, per quanto mi riguarda anche quale presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati di Gela, per evitare che ciò avvenga.
Sui temi più generali della giustizia, da avvocato penalista e, credo, da cittadino sensibile ai diritti ed alle sofferenze della gente, ho sempre pensato urgente ed indispensabile rimediare alla “ipertroficitá” (cioé ad una inutile, anzi dannosa, moltiplicazione di fattispecie di reato) del nostro sistema penale cosí come a delle sanzioni, sia personali che patrimoniali, che propongono un’asprezza che richiama le grida manzoniane anche per alti di non particola allarme sociale. La sicurezza dei cittadini non va garantita solo con l’inasprimento delle pene, perché questo crea solo ulteriore emarginazione (…qualcuno pensa alla sorte dei figli di un giovane genitore detenuto per lungo tempo?) e, sopratutto, al centro del dibattito, della riflessione culturale del Paese, così come del nuovo Parlamento, devono tornare, assieme a quelli dello sviluppo economico, i temi della libertà e del rispetto della dignità, dell’immagine di tutte le persone (penso, tra l’altro, all’opportunitá di porre un argine agli abusi sulle intercettazioni delle comunicazioni e sopratutto alle devastanti pubblicazioni giornalistiche di notizie coperte dal riservo già nella prima fase delle indagini). Credo che per primi i tantissimi colleghi avvocati, anche di Caltanissetta, ed i molti magistrati che ho avuto modo di frequentare mi riconoscano la capacità di occuparmi in modo adeguato di queste problematiche.
Un breve appello agli elettori
Che pensino e scelgano l’udc perchè è il partito che è difensore di valori indiscussi (al centro dell’impegno dell’udc c’è la famiglia ed i dritti della persona umana, senza indulgenze edonistiche e materialistiche), che pensino ai candidati da votare e così ai futuri parlamentari quali persone utili e capaci, e sopratutto uomini liberi e di coscienza, per portare in parlamento i problemi di cui ho detto, ed altri di sicuro rilievo, con serietá e senso di responsabilità.
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Il Fatto Nisseno Risulta essere un ottimo quotidiano On Line,
poichè consente a chiunque di dire quello che pensa con responsabilità. ...
Hai sbagliato Aggregazione politica; con umiltà ti spiego perchè:
Dove stà l’equità DI MARIO MONTI?
Da nessuna parte.
ALLORA CONTRORIFORMA DELLE PENSIONI.
Se da un lato infatti ci sono pensioni miserabili, dall’altro ci sono pensioni d’oro che vengono toccate pochissimo.
Se consideriamo pensioni superiori ai 5000 euro mensili, troveremo che esse coinvolgono in Italia più di 3 milioni di individui, per una spesa complessiva che si può tranquillamente ipotizzare superiore ai 200 miliardi annui. In questa categoria ritrovate sia il dirigente statale che sta poco sopra il tetto dei 5000 mensili, ma anche le decine di migliaia di situazioni di pensionamenti d’oro, alla Amato, o alla Ciampi, che ricevono decine di migliaia di euro al mese di pensione.
In Italia esiste una moltitudine piuttosto consistente di pensioni che superano le decine di migliaia di euro al mese, che incidono sulla spesa complessiva in maniera molto più decisiva delle pensioni dei lavoratori dipendenti, che unitariamente possono aggirarsi su una media che può andare da 800 a 1.500 euro lordi (per non parlare delle pensioni sociali al minimo).
Facendo riferimento al rapporto tra quanto versato come contribuzione e quanto viene erogato come pensione, lo squilibrio che è veramente intollerabile è da rintracciare proprio in queste categorie, non nella generalità dei lavoratori.
Se si volesse essere veramente equi occorrerebbe mettere un tetto massimo alle pensioni, in modo da livellarle ed evitare queste enormi discriminazioni.
Non si capisce infatti perché un operaio che è stato al tornio per 40 anni debba prendere sei-sette volte meno di pensione di un magistrato, o di un ufficiale della polizia, o di un politico che per tutta la vita ha preso 10-20.000 euro al mese, e che quindi ha avuto maggiori opportunità di costruirsi una vecchiaia priva di problemi.
Perché attaccare le pensioni?
Per due motivi:
La debolezza dei lavoratori Non bisogna essere marxisti per capire che se i lavoratori sono forti e organizzati, il salario cresce, se al contrario sono deboli diminuisce.
E’ storia: il ciclo di lotte trentennale degli anni cinquanta, sessanta e settanta aveva portato i lavoratori italiani a vedere accresciuto il loro salario reale che, e qui sta il punto, non è solo quello diretto; quello che per intenderci arriva in busta paga (per chi ce l’ha), ma che invece si compone anche di una parte indiretta (stato sociale) e di una parte differita (pensioni e TFR). Ed è proprio su queste due voci del salario che con la scusa del rigore negli ultimi venti anni si è concentrata maggiormente l’attenzione dei padroni.
Il ragionamente è semplice: se ti tolgo 50 euro te ne accorgi subito, se invece ti taglio il servizio sanitario c’è il rischio che tu te ne accorga solo quando ti serve un ambulanza e non arriva.
Dovrebbe essere un’ovvietà, eppure sembra essere stata completamente rimossa dal discorso pubblico da gran parte della sinistra politica e sindacale (figuriamoci la destra). Così milioni di lavoratori credono veramente che sia indispensabile fare i sacrifici e di dover rinunciare per questo ad alcuni “privilegi”, tra cui la pensione.
Costringere i lavoratori a usare fondi pensione privati. In America, dove non esiste uno stato sociale vero e proprio, tali fondi gestiscono ricchezze immense che giocano in borsa al fine di fare profitti mediante la speculazione.
Sono i famosi investitori istituzionali: enormi fondi speculativi a cui sono associate solitamente banche commerciali e banche d’investimento. Tali fondi hanno avuto un ruolo determinante nella creazione della crisi che adesso stiamo scontando. In Italia, tali fondi esistono, ma non sono ancora “a pieno regime”, perché i lavoratori non si fidano ancora di essi, o più semplicemente perché non sono costretti a ricorrere ad essi. Grazie a Monti, questo squilibrio pian piano si appianerà.
Qual’è la soluzione?
Scendere assieme in piazza, nonne e nipoti. Hanno cercato in tutti i modi di metterci gli uni contro gli altri, padri contro figli, nonne contro nipoti, dicendoci che voi rubavate a noi il futuro, che voi eravate dei privilegiati e noi dei poveri sfruttati.
La verità è che noi siamo tutti sfruttati, e loro dei privilegiati.
La Fornero si commuove, e nel frattempo noi buttiamo sangue sul posto di lavoro.
Noi ci sacrifichiamo; e nel frattempo Monti, Draghi, il FMI, l’UE & company sacrificano noi.
Siamo stanchi di pagare per le crisi che il capitalismo genera per continuare ad esistere.
Dobbiamo fare una sola cosa, lottare come fanno i lavoratori dei sindacati greci: fino a che le cose non cambiano, in Italia e in Europa. Tutto il resto sono chiacchiere.
Ogni sacrificio è un furto.