L’associazione, inoltre, preannuncia l’avvio di uno sciopero della fame organizzato dalle tante vedove di operai deceduti per patologie generate dalle fibre nocive.
“Il nostro lavoro – dice il procuratore capo Lucia Lotti – non si basa solo sull’amianto né, ovviamente, si limita alla sola raffineria. Però, le patologie prodotte dall’esposizione a questo pericoloso minerale si manifestano dopo venti o trent’anni e, proprio adesso, ci troviamo davanti ad un picco dei casi. Di conseguenza, mi pare logico che ci sia stata un’intensificazione delle nostre indagini”.
Intanto, l’esposto che verrà redatto dall’avvocato Ezio Bonanni è destinato a finire sopra i tavoli non solo della locale procura ma anche di quella milanese: l’Eni, infatti, ha sede legale proprio nella zona lombarda. L’undici luglio, il legale laziale si troverà davanti ai giudici del tribunale per discutere una delle prime cause che riguardano un operaio della fabbrica Eni. Intanto, i magistrati della procura continuano ad ascoltare diversi lavoratori che hanno denunciato la presenza di amianto in fabbrica.
“Purtroppo – ammette il magistrato Lotti – parliamo di una materia non così facile da affrontare. Stiamo sentendo diversi lavoratori della fabbrica. Molti, però, soprattutto se già gravemente toccati dalle patologie, scelgono di non esporsi”. Sia la società civile che la magistratura, quindi, cercano di creare una breccia intorno a vicende che sempre più spesso si trasformano in lutti.
“Noi – conclude il magistrato – svolgiamo la nostra attività con il massimo delle risorse a disposizione. L’arrivo degli ultimi due sostituti procuratori potrà assicurare un nuovo impulso anche ad indagini di questo tipo”.
Ovviamente, le inchieste concluse dalla magistratura non sono le sole ad interessare il fronte amianto. Da anni, gli operai esposti reclamano il riconoscimento dei diritti previdenziali previsti nei casi di presenza d’amianto sui luoghi di lavoro.