Sul tema del convegno “Sicurezza e legalità: beni necessari per il contrasto
Evidenziato nella relazione letta dal segretario regionale Lombardo come “per troppo tempo la gente ha considerato “sicure” le mani della mafia, affidandosi al boss di turno per la risoluzione di problemi di qualsiasi natura mentre quelli che stavano dall’altra parte, gli “sbirri”, sono stati relegati al ruolo di distruttori di patti sociali alternativi alla legalità, presenti dove lo Stato veniva percepito come assente”. Sottolineato anche come oggi si sia voltata finalmente pagina e il merito delle molte sfide vinte contro la mafia vada alle forze dell’ordine e alla società civile che le sostiene. Ma questo non è sufficiente perché – è stato precisato – “appare sconfortante aver dovuto organizzare una manifestazione a Palermo per protestare contro i tagli degli staordinari e degli arretrati agli investigatori della squadra mobile che avevano messo, poco tempo prima, le manette ai polsi di Bernardo Provenzano”.
“Il nostro lavoro – ha detto nel suo intervento il procuratore Marino – noi ce lo portiamo dentro ed è giusto che si lotti per l’impegno speso per la sicurezza dei cittadini. A noi magistrati lo Stato non da i soldi necessari per mandare gli investigatori e Gela e noi stiamo usando alcune delle norme della legge per potere continuare il nostro lavoro. Ma la gente non sa che ogni giorno dobbiamo misurarci con queste ed altre difficoltà. E allora perché continuiamo a farlo? Perché ci crediamo veramente”. Il procuratore della DDA nissena ha anche messo in guardia magistrati e rappresentanti delle Forze dell’ordine contro il rischio di “burocratizzazione” del loro ruolo.